martedì 27 gennaio 2009

Euro o non Euro...?

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Quella che nel 2007 è iniziata come la crisi dei subprime, nel 2008 si è trasformata nella crisi globale del credito, nel 2009 è diventata la crisi dell’euro.
E c’è chi ora prende in seria considerazione l’ipotesi che un membro dell’area euro, la Grecia per esempio (ma qualcuno vocifera "Italia") , possa ripudiare il proprio debito. Un evento che non solo danneggerebbe direttamente i bilanci delle singole banche, ma distruggerebbe la fiducia nell’intero sistema bancario e finanziario del paese. Nell’impossibilità di ottenere prestiti e di fronte agli immensi costi di ricapitalizzazione delle banche, il paese dovrebbe stampare moneta, ma per farlo dovrebbe abbandonare l’euro e reintrodurre la vecchia moneta nazionale.

Ma, è uno scenario possibile?

In primo luogo, che alla Grecia sia concesso di ripudiare il debito, è tutto da vedere.
Un’alternativa esiste...
Consiste nella riduzione della spesa pubblica, nel taglio dei salari e in aiuti finanziari al governo senza soldi in cassa da parte dell’Unione Europea e del Fondo monetario internazionale.
Certo, sarebbe una alternativa assai dolorosa... ma forse l'unica.
Contro i tagli al bilancio e la riduzione dei salari, infatti, ci sarebbero dimostrazioni di piazza, i politici perderebbero consensi e i governi cadrebbero. E all’interno dell’Unione Europea non mancherebbero le resistenze a offrire aiuti finanziari agli Stati membri più problematici.... alla fine, però, tutti ingoierebbero il rospo e andrebbero avanti (proprio come ha fatto il Congresso americano che prima ha tentato il “gran rifiuto”, ma poi ha approvato il piano di salvataggio per le banche da 700 miliardi di dollari, mentre all’orizzonte si profilava il disastro).
Certo è che... se la crisi attuale ci ha insegnato qualcosa ...è che non si dovrebbe mai sottovalutare l’abilità dei politici di fare la cosa sbagliata!
Ma anche il più cieco dei politici può vedere che cosa è in ballo oggi: gli investitori fuggirebbero in massa dalle banche e dai mercati del paese che prendesse in considerazione l’ipotesi di abbandonare l’euro. Per quanto grave la crisi, i politici si renderanno pur conto che il tentativo di sganciarsi dall’euro, la renderebbe solo peggiore!
Altra lezione della crisi è che gli shock finanziari possono diffondersi in modo imprevedibile.
Nessuno sa se il default della Grecia darebbe luogo a un crollo dei prezzi dei titoli di Stato irlandesi o italiani, facendo precipitare quei paesi in una piena crisi di debito pubblico e di sistema bancario.
...Ma nessuno vuole scoprirlo!
Così, alla fine, l’Unione Europea dovrà superare la sua avversione ai salvataggi.
...Dunque, l’area euro resterà unita perché la decisione di entrare a farne parte è sostanzialmente irreversibile: uscirne è impossibile senza dar luogo alla più grave crisi finanziaria che si possa immaginare, un rischio che nessun governo può permettersi di correre.
Ma allora entrare nell’euro è stato un errore fin dall’inizio?

Gli argomenti di chi era contrario all’unione monetaria si fondavano sull’esistenza di crisi asimmetriche: gli shock negativi che colpiscono alcuni paesi, e non altri, sono di gran lunga prevalenti e dunque era imprudente rinchiudere tutti in un’unica politica monetaria.
E in parte, quello cui stiamo assistendo oggi è un chiaro shock finanziario asimmetrico. Paesi come la Grecia con problemi di debito e di deficit sono stati ora individuati dagli investitori che scappano da qualsiasi cosa emani il minimo sentore di rischio. Così come i paesi con le bolle immobiliari più pronunciate, l’Irlanda e la Spagna per esempio, soffrono la recessione più grave, ora che le bolle si sgonfiano e i problemi si diffondono all’intero sistema finanziario.
Sono gli spread sui loro titoli di Stato (differenza di rendimento tra titoli equivalenti appartenenti alla stessa area) a essere schizzati verso l’alto, è là che la produzione è caduta di più ed è là che la necessità di tagli ai salari è più acuta.
L’unico mistero è perché gli investitori abbiamo impiegato così tanto tempo ad accorgersi di questi problemi, perché non abbiano individuato questi paesi sei mesi o un anno fa?
Ma... Più passano i giorni e più è chiaro che il vero grande problema è lo shock economico negativo che colpisce l’intera area euro:
i diversi paesi dell’area possono aver sofferto in modo diverso le turbolenze finanziarie, ma ora sperimentano tutti allo stesso modo le turbolenze economiche: tutti affrontano un crollo della crescita.
La Germania, che pensava di essere immune alla crisi economica, vede ora crollare le esportazioni. E vede crescere la disoccupazione, che può essere finora contenuta, ma è la punta dell’iceberg, e non c’è più alcun dubbio sulla quantità di ghiaccio che sta sotto la superficie.
Questo shock è simmetrico: interessa tutti i membri dell’area euro. E ciò significa che è appropriata una risposta comune di politica monetaria. Aumenteranno le pressioni sulla Bce perché riduca a zero i tassi di interesse, aumenti l’offerta monetaria e permetta al tasso di cambio dell’euro di indebolirsi. (Una parte dell’aggiustamento, quest’ultima, che già inizia a verificarsi, senza che ci sia stato alcun intervento della Bce). Ora che la recessione e la deflazione (inflazione+disoccupazione) incombono sull’area euro, questa è la risposta su cui tutti i membri dovrebbero trovarsi d’accordo e che può essere accompagnata da stimoli fiscali. E tanto meglio se sono i paesi con posizioni di bilancio relativamente più forti, come la Germania, ad applicarli in misura più ampia: il risultato sarà un aiuto dall’esterno, più che necessario, ai loro vicini più pesantemente indebitati e senza un soldo.

Cosa dovrebbe fare la BCE?

Ovviamente, l’assunzione necessaria di tutto ciò è che i politici facciano la cosa giusta. La Bce dovrà abbandonare la sua ossessione per l’inflazione, ridurre a zero (o quasi...) i tassi e ampliare l’offerta di moneta. La Germania dovrà liberarsi della fobia del deficit e applicare quello stimolo di bilancio di cui il paese, e tutta l’area euro, ha così disperatamente bisogno. Dopo aver a lungo opposto un ostinato rifiuto, entrambe si muovono ora nella giusta direzione, ma non c’è tempo da perdere.
Se il 2008 è stato l’anno dello shock finanziario asimmetrico, il 2009 è l’anno dello shock economico simmetrico.
E proprio come quello appena passato è stato l’anno che più ha messo a rischio l’euro, questo può essere l’anno della sua salvezza.
Perché ciò accada, però, i politici devono agire... e dimostrare che "l'Unione" c'è esiste davvero...!


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2 commenti:

  1. La mia convizione, per riprendersi dalla crisi finanziaria ed economica, è quella che la BCE dovrebbe portare i tassi allo zero, .
    Le banche, d'altra parte, dovrebbero fare due cose:
    1) portare gli spread tra lo zero ed un punto percentuale massimo, in modo da far respirare le famiglie e le imprese.
    2) rendere quasi gratuiti i c/c, applicare tassi ragionevoli.
    Matteo

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  2. Caro Matteo, portare lo Spread a O significherebbe chiedere alle banche di lavorare Gratis... la vedo dura!
    Anzi... visto come si stanno mettendo le cose (vedi gli ingenti aiuti statali rivolti agli istituti di credito in crisi) sono convinto che alla fine, le nostre "care amiche" banche, saranno quelle che ci rimetteranno di meno da questo caos, pur essendone state la causa scatenante...!
    Vedremo... Bye!

    RispondiElimina