mercoledì 30 maggio 2007

Quando la banca era una cosa seria...

Forse prima...forse qualche anno fa, quando con entusiasmo e orgoglio mi sono iscritto alla facoltà di Economia...

Ora, invece, da "Dottore" in Economia Bancaria e Finanziaria... mi tocca leggere che per avere la macchina del caffè espresso bisogna... fare un mutuo! Si,un mutuo! Con la Popolare di Milano. L’istituto ha da poco lanciato il programma fedeltà «Punta su di te»: più usi i prodotti della banca, più punti per i premi accumuli. Il mutuo vale un punto ogni 10 euro erogati, la macchina del caffè vale 28 mila punti, et voilà: con un finanziamento da 280 mila euro l’espresso è servito!
Preferite il cavatappi professionale? Sono 2.300 punti con il programma GranPremio Mondo Bancoposta delle Poste Italiane: si raggiungono sottoscrivendo una polizza.
Il premio più ambito è la bicicletta Stratos uomo Atala, ma in Unicredit ci vogliono 52.350 punti: conquistabili in due anni spendendo 2 mila euro al mese con la carta di credito.

Scrivo queste cose... e sorrido.

Non sorridevo certo quando, durante il corso di studi, passavo giorno e notte a studiare Finanza, Tecnica bancaria, Economia delle Aziende di Credito, Statistica economica, Diritto Commerciale...

Ma i tempi cambiano, e ora... nell'era della concorrenza, nell'era in cui il cliente FINALMENTE può scegliere, le politiche di fidelizzazione hanno assunto un'importanza strategica!

Perchè?

Principalmente per due motivi.
1. Non perdere clienti: chiudono il conto due milioni di correntisti all’anno (Fonte Abi).
2. Spingere i clienti all’uso dei prodotti che più rendono in commissioni: Pagobancomat e carte di credito, prestiti e mutui, investimenti su titoli.

Dal punto di vista economico... posso essere d'accordo (dati alla mano, le strategie di fidelizzazione funzionano... i programmi a punti possono spostare i comportamenti dei clienti in modo significativo)

Dalpunto di vista professionale... beh, lasciamo perdere!

A presto!

La locomotiva Europa!

La locomotiva, adesso, si chiama Europa.

I listini mondiali, dopo un momento di sbandamento, hanno ripreso la salita.
L'Asia, invece, viaggia a due velocità.
Le M&A, intanto, sono ancora il tema forte degli investitori.

Dopo gli scossoni di febbraio e marzo i mercati finanziari mondiali sembrano aver riacquistato un po’ di fiducia. L’indice Msci World (composto da circa 1800 titoli azionari negoziati presso le borse di 23 mercati mondiali) negli ultimi 30 giorni ha guadagnato quasi il 3%, permettendo alla performance trimestrale di raggiungere il +2,6%. Il tutto alla faccia degli ultimi dati americani, di un dollaro sostanzialmente debole contro l’euro e del petrolio che non accenna a cedere.

Insomma, anche il più ottimista degli economisti concorda nel dire che per l’america il 2007 si chiuderà peggio del 2006. Ma se la locomotiva americana (da sempre considerata il traino di quella globale) scende, perché gli indici continuano a salire?

Per gli analisti la spiegazione è semplice: la congiuntura mondiale sta facendo boom.

E la prova, paradossalmente, viene proprio dall’America. Nel 2006 il fatturato realizzato all’estero dalle società quotate all’S&P500 ha pesato per il 48,6% sul giro d’affari totale contro il 30% del 2001. E quest’anno, secondo le previsioni degli esperti dovrebbe andare ancora meglio. L’aumento della ricchezza mondiale, avvertono però gli economisti, verrà accompagnato da una stretta da parte delle banche centrali. Secondo Rbc Capital Markets la Bce porterà il costo del denaro al di sopra del 4% mentre la Bank of England sembra pronta a una manovra al rialzo che porterebbe i tassi inglesi al 5,75%. Decisioni che non piaceranno a chi ha acceso mutui a tasso variabile ma inevitabili, insistono i banchieri centrali, se si vuole contenere l’inflazione.

A dare una mano agli investitori delle due parti dell’Oceano è soprattutto l’ondata di fusioni e acquisizioni che, a sentire analisti e gestori, non accenna a finire.
Merito soprattutto della grande liquidità presente sul mercato che consente alle imprese di andare a caccia di aggregazioni per creare economie di scala. Nessun settore sembra immune: banche, assicurazioni, media e materie prime sono solo le prime avvisaglie di un’ondata che è destinata ad attraversare tutti i comparti. Anche in questo caso la conferma viene dai listini che, di solito, anticipano le tendenze. L’indice Msci Financial nell’ultimo mese ha guadagnato l’1,6%. Un segnale di cui tenere conto, visto che sono proprio i gruppi finanziari a incassare ricche commissioni quando viene portata a termine una merger.

Il discorso cambia dall’altra parte del mondo, che sembra viaggiare a due velocità. Da un lato c’è il Giappone che è rimasto al palo. L’indice Msci del Paese (attualizzato in euro) nell’ultimo mese è rimasto praticamente invariato (+0,6%) mentre nel trimestre ha perso il 5,5%. Dal lato opposto c’è il resto dell’Asia, trainata dalla Cina che, negli ultimi 30 giorni, ha guadagnato il 2,5% (invariata nel trimestre). Nel Paese del Sol Levante lo scenario macroeconomico è ancora incerto. Una situazione resa bene dall’indecisione che sembra aver assalito la Bank of Japan riguardo ai tassi. Nel “Regno di mezzo”, invece, l’economia continua a correre. Nel primo trimestre di quest’anno la crescita è stata superiore all’11% e, a dispetto delle manovre di Pechino sui tassi e investimenti esteri, il pedale del freno pare non funzionare. Dal punto di vista operativo gli analisti consigliano di continuare a seguire le M&A. Il settore più caldo, per questo tipo di operazioni, dicono è quello minerario. La crescita mondiale, aggiungono gli esperti, può essere sfruttata anche attraverso i titoli delle società di costruzioni e servizi collegati.

venerdì 25 maggio 2007

Sempre e SOLO Forza ASCOLI !!!

Nel post di ieri abbiamo parlato di champions League.

Oggi riprendo l'argomento presentando la squadra regina delle Marche... l'ASCOLI!!!
Potrei parlare ore e ore dell'aspetto prettamente sportivo, dei vari Soncin, Guberti, Perrulli ecc... ma non è questo il momento migliore... visto che siamo appena retrocessi (sob!).

Tornando ai numeri di bilancio, possiamo dire che iconti, almeno fino ad oggi, sono"tornati" grazie alla cessione del marchio. Più nel dettaglio...

La cessione del marchio in famiglia, per cinque milioni di euro, ha salvato i conti dell'Ascoli Calcio, società controllata all'89% dal costruttore Roberto Benigni, amministratore unico.
Nello scorso campionato, con il ritorno in serie A, è più che raddoppiato il valore della produzione, da 9,68 a 21,36 milioni di euro (escluse dal giro d'affari le plusvalenze sulla cessione di calciatori che alcuni club, compreso l'Ascoli, classificano tra i ricavi).
Ma il balzo delle entrate, favorito dalla dilatazione dei diritti tv, non è bastato a tenere in equilibrio i conti. Il costo del personale è volato da 6,74 a 13,84 milioni. Tra i costi anche i servizi (saliti da 4 a 5 milioni), 1,5 milioni di ammortamenti, cinque milioni di altri oneri. E' aumentato il disavanzo di gestione, indicato dalla differenza negativa tra valore e costo della produzione, passata da -3,5 milioni a -5,63 milioni. Il bilancio dichiara però un utile netto di 2,66 milioni. Determinante la plusvalenza di 4,6 milioni con la vendita del marchio, fatta il 28 dicembre 2005. E' stato comprato, per cinque milioni, da Azzurra Free-Time Spa, società che sta realizzando ad Ascoli un centro sportivo con un investimento di 13,5 milioni.

Più che una vendita, un'operazione in famiglia...

Il compratore ha come azionisti di maggioranza la famiglia Benigni, inoltre l'1,89% del capitale è dell'Ascoli Calcio. Il 25,5% dell'Azzurra è di una società di costruzioni posseduta da Sabrina Benigni, 43 anni, figlia del proprietario dell'Ascoli. Il 24,11% è della Sopren Srl, posseduta interamente da Benigni insieme alle cinque figlie. Il 9,87% di Azzurra è della New Net Italia Srl, società controllata da Guido Manocchio, 46 anni, genero di Benigni, insieme alla moglie Sabrina. Insomma, benché un pò diversa dalle disinvolte cessioni del marchio fatte direttamente a se stessi da altri club, anche quella di Ascoli è un'operazione cosmetica. I bilanci delle due società coinvolte - reperiti dal Sole24Ore attraverso l'archivio delle camere di commercio - non chiariscono i termini di pagamento del marchio, se il prezzo sia stato saldato o venga regolato a rate.
Con quest'operazione l'Ascoli ha riportato in attivo il patrimonio netto, che era negativo per 1,25 milioni al 30 giugno 2005, senza chiedere soldi ai soci.
A giugno 2006 il patrimonio era positivo per 1,41 milioni. Il club di Benigni ha inoltre beneficiato di plusvalenze da calciomercato per 9,03 milioni, mentre ci sono minusvalenze per 4,34 milioni. Il bilancio non contiene l'elenco delle cessioni e acquisti di calciatori con i prezzi, necessario per verificare la congruità delle valutazioni. Ci sono debiti tributari per 4,2 milioni e debiti verso calciatori per 2,93 milioni "per mensilità e premi relativi all'ultimo trimestre".

Bilancio al 30 giugno 2006 dell'Ascoli Calcio (in milioni di euro)
(tra parentesi il confronto con il bilancio al 30 giugno 2005)

Valore della produzione 21,36 (9,68)
Costo del personale 13,84 (6,74)
Differenza tra valore e costo della produzione -5,63 (-3,5)
Debiti totali 17,10 (11,99)Patrimonio netto 1,41 (-1,25)
Risultato netto 2,66 (-2,47)

Fonte: Sole 24 Ore

Alta finanza anche nel Piceno? Visti i risultati della squadra... forse si poteva fare meglio!
Da tifoso bianconero, chiudo questo post con una richesta a Benigni:
Ascoli merita la A, è si un'azienda che deve avere i conti in regola, ma è anche un patrimonio della città! I conti tornano, anche senza "alchimie finanziarie" ... bastano politiche di bilancio lungimiranti. Un bel programma di medio-lungo periodo, una sana gestione, qualche sacrificio nel breve (...resistere alla tentazione di vendere i pezzi migliori subito e a poco... per "far cassa") e il traguardo verrà raggiunto!! ...Ce lo auguriamo tutti! FORZA PICCHIO!!!

giovedì 24 maggio 2007

Vince il Milan... anche senza Inzaghi. Ecco i conti delle due finaliste di Champions League

Lo stadio di Atene si sono sfidati Milan e Liverpool. In campo, grazie a Super Pippo, la partita finisce 2-1 ...E anche nella Champions League dei bilanci vince il gioco all'italiana!
Il Milan batte il Liverpool, ma solo grazie al vecchio trucco (legale) delle plusvalenze, vera specialità del pallone tricolore.

E allora vediamo com'è andata la sfida degli affari.

A dispetto dei luoghi comuni sui fasti economici del calcio britannico, i 'reds' allenati da Rafa Benitez non se la passano troppo bene. I conti del 2006 (chiusi a fine luglio) sono in perdita per 4,2 milioni di sterline, cioè circa 6,2 milioni di euro su un giro d'affari di 176,4 milioni.

I rossoneri invece festeggiano. I ricavi hanno raggiunto la cifra record di 248,3 milioni con un'importante novità: dopo anni e anni di perdite croniche, anche molto pesanti, la società presieduta da Silvio Berlusconi l'anno scorso ha visto la luce dell'utile: 2,4 milioni di euro nell'esercizio chiuso il 31 dicembre. Migliora la gestione? I manager milanisti, guidati dall'amministratore delegato Adriano Galliani, hanno trovato il modo di dare un taglio netto ai costi, a cominciare dagli ingaggi dei calciatori? Qualche progresso in effetti c'è stato, ma a ben guardare i profitti del Milan portano il marchio di fabbrica di Roman Abramovich, il patron del Chelsea. La scorsa estate il magnate russo ha staccato un assegno da 43,8 milioni di euro per togliersi lo sfizio di ingaggiare Andriy Schevchenko. L'investimento finora non ha reso granché. A Londra l'attaccante ucraino si è visto poco. Tra campionato e coppe ha finito per passare più tempo in panchina che in campo. Galliani invece ha perso un fuoriclasse, ma può brindare a una plusvalenza monstre: circa 42 milioni che hanno di fatto ribaltato il conto economico. Senza questo provento extra, la gestione ordinaria, quella calcistica, si sarebbe chiusa in rosso per quasi 40 milioni. Come dire, in mancanza di un altro Schevchenko da vendere a peso d'oro, il prossimo bilancio milanista pare destinato a tornare all'antico, cioè alle perdite.

Anche i conti del Liverpool non grondano profitti, ma sembrano più equilibrati rispetto a quelli dei rivali milanisti. In effetti per la squadra britannica era difficile ripetere l'exploit del 2005, quando la vittoria in Champions League, ottenuta proprio a spese del Milan nella rocambolesca finale di Istanbul, fruttò una pioggia di ricavi supplementari, in gran parte sotto forma di diritti televisivi legati alla competizione internazionale. E così, nel 2006 il fatturato alla voce Europa si è ridotto di oltre il 30 per cento, da 42 a 27 milioni di euro, per effetto della eliminazione già negli ottavi di finale della Champions League. Questo calo, oltre all'aumento del 10 per cento delle spese per gli ingaggi dei calciatori (101 milioni) ha mandato in rosso il bilancio.

In Inghilterra, come in Italia, le squadre non badano a spese per allestire una rosa competitiva, spesso con buona pace dell'equilibrio economico. Da questo punto di vista il confronto premia il Milan, che gira ai giocatori il 51 per cento dei propri ricavi rispetto al 57 per cento del Liverpool. Ma, a ben guardare, il dato che fa la differenza tra le due squadre è un altro. La società di Berlusconi naviga nell'oro garantito dalle tv: il 65 % del giro d'affari complessivo dipende dai proventi televisivi. In parte è un affare di famiglia. Nel 2006, infatti, l'aumento (30 per cento) di questi ricavi deriva in gran parte dal nuovo contratto siglato con il gruppo Mediaset a cui è stato ceduto il diritto d'opzione sulle partite casalinghe del campionato 2009-2010.
Per il Liverpool, invece, la tv rappresenta non più del 41 % del fatturato totale. Un altro 31 % arriva dagli sponsor e dalla vendita di gadget e altri prodotti con il marchio della squadra. Mentre gli incassi al botteghino contano per poco meno del 28 %. Una cifra che va confrontata con il 13 per % a bilancio dal Milan.
In altre parole, la squadra di capitan Steven Gerrard non ha problemi al botteghino. Nel 2006, nonostante l'eliminazione anticipata in Champions League, i proventi da biglietti e abbonamenti sono rimasti invariati, attorno ai 48 milioni di euro.
La stessa voce, sul fronte Milan, fa invece segnare un calo del 16 % a 29 milioni di euro. Insomma, non solo i tifosi che pagano per andare allo stadio rappresentano ormai una voce marginale nel business rossonero, ma vanno diminuendo di anno in anno. Una tendenza per altro comune a tutto il calcio italiano.
In Inghilterra invece gli spettatori aumentano e tutto fa pensare che il Liverpool potrebbe riempire senza problemi anche uno stadio più grande del mitico, ma angusto, Anfield road che ha una capienza massima di 44 mila posti. Proprio questa è la scommessa più importante per la squadra britannica che adesso, a differenza del recente passato, può anche disporre di nuove risorse finanziarie in gran quantità. Questo almeno è quanto promettono George Gillett e Tom Hicks, i due miliardari statunitensi che nel febbraio scorso hanno rilevato il controllo della società. La coppia di investitori può già vantare una qualche esperienza in campo sportivo, visto che Gillett possiede una squadra di hockey su ghiaccio come i Montreal Canadiens e Hicks tempo fa si è comprato i Texas rangers (baseball). Compresa nel prezzo d'acquisto (700 milioni di euro circa) c'è anche la spesa (300 milioni) per la costruzione di un nuovo stadio nella zona di Stanley Park. E non è escluso che parte dell'investimento venga coperto da uno sponsor che userà il suo marchio per dare il nome all'impianto, come è già successo per lo stadio dell'Arsenal, ora Emirates (la compagnia aerea).
Il gioco vale la candela, se, come sembra probabile, la domanda di calcio visto dal vivo, e non davanti allo schermo televisivo, in Inghilterra sembra destinata a crescere in futuro. Non basta. Perché il calcio d'Oltremanica attende nuove risorse anche dalla tv. Dal prossimo campionato, in base al contratto appena siglato dalla Premier league, la vendita dei diritti televisivi potrebbe fruttare anche il 60 % in più alle squadre della serie A inglese. Liverpool compreso, ovviamente, che così potrà permettersi di rafforzare la squadra senza mandare in rosso il bilancio.

Fonte: L'Espresso

mercoledì 23 maggio 2007

La svalutazione… della Laurea.

Parliamo delle convenzioni ovvero accordi che le università possono firmare con Enti, Ministeri, ordini professionali. La convenzione prevede che chi vuole iscriversi all’università gli verranno riconosciuti dei crediti in base a studi o corsi di formazione accumulati negli anni.
Ce n’era per tutti: infermieri, giornalisti, ragionieri, dipendenti pubblici poliziotti finanzieri. Si chiamava laureare l’esperienza.

La finanziaria 2001 ha modificato la Berlinguer. Dice che i crediti devono essere riconosciuti ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni che avrebbero già fatto i rispettivi corsi di formazione.
Alla privata San Pio V di Roma hanno firmato la convenzione col personale del ministero degli interni. Se fai l’impiegato di alto livello ti puoi laureare in scienze politiche con 6 esami. Ti tolgono 113 crediti su 180, entri al III° anno, paghi la metà (il costo è di 1.800 euro contro i 3.900) e ti porti a casa il titolo.
Ai dipendenti del ministero la laurea facile serve a far carriera interna, e alle università private ad aumentare le entrate con le rette. Più studenti ho più rette ho.
Hanno obiettato: "E ma questo vale per tutti. Anche se lei ha un negozio e vende più, mi perdoni, pane lei guadagna di più…!"
Il problema è che parliamo di università non proprio di panettieri.
"…Nella nuova società siamo tutti clienti!" è la risposta!
Dunque il sistema era questo: studenti = clienti! Più ne avevi, più guadagnavi dalle rette.

Oggi vediamo se la storia è cambiata.
Il ministro ha corretto la finanziaria 2001 del governo Berlusconi che aveva cambiato la riforma berlinguer e permesso di riconoscere crediti a destra e a manca.
Adesso a Torino hanno bloccato tutte le convenzioni. Alla sapienza di Roma hanno annullato la convenzione con la guardia di finanza.
Resta quella con la polizia (sospesa la convenzione con la GDF perché c’erano previsti 85 crediti, l’altra invece con la polizia di stato era nei limiti perché erano previsti 60 crediti).La convenzione coi dipendenti del ministero c’è ancora ma siccome la legge è cambiata è stata modificata: se lavori al ministero continui a pagare 1.800 euro anziché 3.900, quel che pagano gli altri studenti, e continui ad avere crediti scontati. Prima però erano 113 e davi solo 6 esami. adesso sono 59 e devi dare 17 esami. Nel 2005/6 si sono immatricolati 1445 studenti. Questo anno se ne sono immatricolati 400 !!! (Parliamo solo di convenzioni con il Ministero dell’Interno )Quindi meno crediti si riconoscono meno la gente si iscrive. Il percorso è più duro (dei 400 che si sono iscritti nel 2006/7, 295 si sono ritirati!)
Ne sono rimasti 105, meno di un decimo di un anno fa.
Anche l’ordine dei giornalisti è una delle istituzioni che ha usato e abusato delle convenzioni con le università…
Ma lo scandalo soprattutto appare evidente soprattutto per i dipendenti pubblici: quì, infatti, uno che prende la laurea con la convenzione - cioè laurea facile, con pochissimi esami - torna sul suo posto di lavoro e chiede un salto di qualifica, cioè chiede la qualifica identica al collega che gli siede accanto, il quale per laurearsi ha sputato sangue!

Beppe Grillo Show...

Beppe Grillo ...sarà anche un comico, ma sulla serietà e sull'importanza dell'argomento c'è poco da ridere...

Riporto il suo commento...

...La pensione degli italiani si allontana.
Ogni anno l’asticella viene posta più in alto. Sempre più in alto.
E chi alza l’asticella sono i nostri cari dipendenti. La ragione è che non ci sono più i soldi. L’esempio, si sa, fa miracoli. E i parlamentari non si sono tirati indietro. Tutti per uno e uno per tutti. Per loro i soldi ci sono sempre.Dopo due anni e mezzo dall’inizio della legislatura hanno il diritto alla pensione.
DUEANNIEMEZZOOOOOOOOOOOOO!!!!!
A noi lo scalone e a loro lo scivolo.
Questo Parlamento non ha alcuna autorità per varare una legge sulle pensioni. Nessuna. Qualunque legge è nulla. Lo è per la par condicio.
Due anni e mezzo per tutti o non se ne parla.
Prodi e lo Sciupà potranno modificare le pensioni solo dopo essersi puliti la bocca dai privilegi dei parlamentari, anche di quelli già acquisiti.
Da oggi è attivo sul blog il “Final Countdown”, il conto alla rovescia. Un servizio per i cittadini e per i nostri dipendenti. Ogni giorno ci informerà su quanti giorni, ore, minuti, secondi mancano al raggiungimento della loro pensione. A partire dal 28 aprile 2006, inizio della legislatura. I parlamentari potranno così regolarsi per evitare crisi di governo anticipate e i cittadini inizieranno la giornata in letizia sapendo che qualcuno almeno la pensione la prende.Forse qualche parlamentare si vergogna. Lo spero!

martedì 22 maggio 2007

Crescita americana e tassi di interesse

Negli ultimi mesi stiamo assistendo ad una rilevante accelerazione delle quotazioni dell'euro sul dollaro.

La scorsa settimana, l'euro ha toccato il suo massimo storico contro il dollaro sopra 1,36. Molto probabilmente, il mercato ha scontato il dato sulla crescita del PIL USA recentemente uscito che è inferiore alle attese: soltanto +1,30%. L'Europa invece sembra registrare una crescita abbastanza sostenuta, intorno al 2% e questo differenziale di crescita gioca a favore della moneta unica europea che quindi potrebbe continuare a crescere.

Il ragionamento del mercato è questo: se l'Europa continua a crescere di più degli USA, la BCE può continuare ad alzare i tassi conl'obiettivo di continuare a tenere sotto controllo l'inflazione, mentre la FED ad un certo punto potrebbe decidere di ridurre i tassi per sostenere l'economia (anche se gli ultimi dati sull'inflazione americana non sono stati particolarmente positivi).

Tutto questo ha una ripercussione sul mercato obbligazionario, continuando a favorire, in Europa, i tassi variabili, dato che la BCE ha ancora spazio (e sembra anche volontà) per ulteriori rialzi...

lunedì 21 maggio 2007

Risiko bancario

Così Draghi in un anno e mezzo ha sbloccato il risiko bancario

"DRAGHI non ha fatto niente di particolare, ha semplicemente lasciato correre il mercato. Esattamente il contrario di quanto ha fatto Fazio per dieci anni".

Questa frase fotografa bene ciò che è successo dalla metà degli anni '90 a oggi nel sistema bancario italiano. In un solo anno e mezzo al vertice della banca centrale il "sistema Italia" si è riassestato per il meglio, portando a compimento due grandi operazioni: Intesa Sanpaolo e, appunto, Unicredit Capitalia. Esattamente otto anni fa, nella primavera del 1999, nel bel mezzo dell'Opa su Telecom lanciata da Roberto Colaninno ed Emilio Gnutti, si consumava un primo week end storico per le banche italiane. Protagonista, sempre lui, Alessandro Profumo: con Unicredit annunciava di voler acquisire la Comit mentre da Torino il Sanpaolo cercava l'affondo sulla Banca di Roma. Una manovra a tenaglia, con la Lazard di Gerardo Braggiotti a far da consulente ai due attaccanti, respinta da Cuccia e Geronzi su indicazione del governatore Antonio Fazio.

Oggi sono tutti concordi nel dire che le banche italiane hanno perso almeno dieci anni di tempo. E in effetti oggi, con questa seconda grande operazione, si può dire che il sistema bancario italiano si rimette al passo con la Spagna. Due grandi colossi, alla stregua del Santander e del Banco Bilbao Vizcaya, sono lì a contendersi il mercato nazionale: Intesa Sanpaolo e Unicredit, insieme, controlleranno quasi la metà del credito in Italia ma è sicuro che si faranno sempre più concorrenza.

Ma per arrivare a questo risultato - sicuramente importante per i correntisti che dovrebbero beneficiare di prezzi più bassi - c'è voluto lo choc dell'Antonveneta e della Bnl. Due banche che per la miopia di Fazio sono state fagocitate dall'olandese Abn Amro e dalla francese Bnp Paribas come corollario alla famosa estate calda (2005) dominata dai "furbetti del quartierino".

Il 19 dicembre 2005 segna dunque lo spartiacque tra questi due mondi: con l'uscita di scena di Fazio, sotto la pressione della magistratura e di un'inchiesta della Banca Centrale Europea per aver accettato dei regali da Fiorani, e l'ingresso di Mario Draghi accompagnato dal varo di una nuova legge sul risparmio.

Ma una volta chiuso il cerchio tra le banche in prima fila qual è il panorama nelle retrovie?

"Dietro ai due colossi c'è la torre d'avorio dei senesi - spiega un fine giurista che ha seguito molte operazioni bancarie - e poi il mondo delle popolari che non ha ancora sufficiente massa critica". Verona e Novara, che l'inverno scorso hanno aggiunto Lodi alla loro filiera. Bergamo e i bresciani della Lombarda che hanno evitato in extremis l'attacco degli spagnoli del Bbva e del Santander. Su questa via c'è ovviamente ancora molta strada da percorrere, magari togliendo quelle barriere all'ingresso che suonano antistoriche come il voto capitario.

E che ne sarà di Siena? Il campanilismo politico che avvolge il Monte Paschi ha finito per limitarne gli spazi di crescita. Ora si sta esplorando un feeling con il mondo Intesa ma difficilmente si arriverà a una vera integrazione, se non altro per motivi di antitrust.

Il cerchio si chiude con l'Antonveneta che potrebbe diventare inglese o scozzese a seconda di chi vincerà la battaglia sulla Abn Amro mentre la Bnl è ormai un feudo francese.

Con 100 miliardi di capitalizzazione di Borsa Unicredit e Intesa sembrano ormai al riparo dalle incursioni di altri colossi mondiali e dunque il risiko che ci ha appassionato negli ultimi due anni potrebbe subire un rallentamento. Sempre che Profumo non voglia superare sé stesso e fra qualche mese muovere in direzione della Société Générale.

domenica 6 maggio 2007

FilBlog!!!

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Ciao!

...mi chiamo Filippo e questo è il mio nuovo Blog:
...Finanza & Mercati.

Interessa anche te? ...Bene!
Allora ci vediamo in rete per affrontare insieme argomenti interessanti e stimolanti... ok?

Come?

Attraverso una partecipazione attiva: post, commenti, critiche costruttive, esperienze, idee...

L'interazione è l'anima del Blog!!!

Dunque, ti aspetto! ... a presto!


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