venerdì 30 maggio 2008

La situazione italiana...


Il 15% delle famiglie non arriva a fine mese, il 50% vive con 1.900 euro al mese. Sono le famiglie in cui sono presenti figli minori e quelle composte da persone sole quelle più esposte a condizioni di disagio e più spesso in ritardo nei pagamenti. Il quadro emerge dal Rapporto annuale dell'Istat sulla situazione del Paese presentato alla Camera dei deputati.

Il rapporto specifica che il reddito netto delle famiglie residenti in Italia nel 2005 é pari in media a 2.300 euro mensili, inclusi gli effetti dei trasferimenti monetari - circa 700 euro al mese (se si includono i fitti imputati delle abitazioni - quasi 450 euro - il reddito netto mensile sale a 2.750 euro). Le famiglie in cui il principale percettore é una donna guadagnano, in media, il 27 per cento in meno rispetto alle altre. In particolare, le famiglie composte da donne anziane sole, nel 2005, hanno percepito un reddito netto medio inferiore ai 12 mila euro (995 euro mensili). Nel Paese coesistono realtà economiche e sociali solide ed avanzate, in alcuni casi di eccellenza, ma anche aree deboli e di vulnerabilità dei contesti settoriali e territoriali, delle imprese, delle famiglie, degli individui.
Per rilanciare l'economia italiana sarebbero necessari «interventi energici» su consumi e investimenti.

Ampia forbice fra i redditi di Nord e Sud.
Profonde e persistenti le differenze sul territorio: il reddito delle famiglie del Mezzogiorno è pari a circa tre quarti di quello delle famiglie del Centro-nord. Se nel calcolo del reddito si comprendono anche i fitti imputati, le differenze territoriali risultano addirittura maggiori. Le retribuzioni in Italia crescono decisamente meno che in altri paesi europei. In 10 anni, dal 1995 al 2006, le retribuzioni orarie reali sono aumentate infatti del 4,7% a fronte di una crescita cinque o sei volte più consistente registrata in Francia e in Svezia.

Aumenta il peso dei mutui.
L'onere dei mutui pesa molto sul portafoglio delle famiglie italiane. Il 13% delle famiglie sopporta gli oneri di un mutuo per l'abitazione di proprietà (erano il 12% nel 2004) e paga una rata (comprensiva degli interessi e della quota di rimborso del capitale) di 559 euro al mese. Rata che, mediamente, era di 469 euro nel 2004, con un'incidenza sul reddito salita dal 16,5 al 19,2 per cento. Nel complesso, le spese per l'abitazione di queste famiglie "ammontano a 811 euro al mese (da 702 nel 2004), con un'incidenza sul reddito passata dal 24,7 al 27,9%". A pagare le conseguenze degli aumenti, per l'Istat, sono principalmente le coppie più giovani.


Disoccupazione in calo, ma aumentano gli inattivi.
Cala la disoccupazione, ma non aumenta significativamente il tasso di occupazione: si allarga, semplicemente, l'area di inattività, spesso legato alla rinuncia a trovare un'occupazione. Secondo l'Istat nel 2007 coloro che si sono mostrati interessati a lavorare ma scoraggiati nella ricerca di un'occupazione sono stati quasi tre milioni, circa 318mila unità in più rispetto al 2004. Tra chi cerca lavoro comunque l'intensità della ricerca è maggiore a Centro nord rispetto al Sud. La ricerca del lavoro rimane prevalentemente affidata ai canali informali: conoscenti, amici e parenti cui ricorre il 76% dei disoccupati. Il ricorso ai centri per l'impiego e alle Agenzie per il lavoro riguarda circa un terzo dei disoccupati. Pochi inoltre coloro che trovano lavoro tramite i centri per l'impiego. Nel biennio 2005-07 il servizio pubblico è riuscito a collocare 95mila persone, solo il 4,1% di coloro che vi si sono rivolti.


Cresce il numero degli immigrati.
Cresce in maniera consistente il numero degli immigrati in Italia. Il «Rapporto annuale Istat», in base alle stime di gennaio 2008, registra la presenza di 3,5 milioni, pari al 5,8% del totale dei residenti. In crescita di 300mila unità i romeni per circa 300.000, che contribuiscono a portare alla metà del totale gli immigrati dai Paesi dell'Est europeo, sia comunitari che extracomunitari. Dopo i romeni (640.000), vengono gli albanesi (400.000), i marocchini (370.000), i cinesi (160.000) e gli ucraini (135.000). Gli stranieri residenti in Italia sono prevalentemente giovani o in età attiva: uno su cinque è minorenne, la metà ha fra i 18 e i 39 anni. Risiedono soprattutto nelle regioni dell'Italia settentrionale: il 36,3% nel Nord-Est, il 27,3% nel Nord-Ovest, il 24,8% nel Centro e l'11,6% nel Sud e nelle due Isole.

Sistema delle imprese.
Negli ultimi 10 anni l'economia italiana è cresciuta meno rispetto alle maggiori economie europee. Nell'ultimo decennio la crescita del Pil in termini reali registrata nel Belpaese è in media dell'1,4% l'anno, mentre nell'Unione europea a 27 è del 2,5 per cento. La dimensione media delle imprese italiane, dove si registrano poco meno di 4 addetti, è la più bassa d'Europa anche se il lieve aumento (la media Ue a 27 è scesa a 6,5 addetti per impresa). Le performace migliori fra il 1999 e il 2005 si registrano nel settore manifatturiero, le peggiori nell'industria. Segnali di recupero dalle microimprese dell'abbigliamento, della lavorazione di minerali e della fabbricazione di radio e tv.
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Bye
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Fonte: ISTAT

mercoledì 28 maggio 2008

...Le banche si sono commosse?

Il ministero dell’Economia e l’Abi hanno raggiunto il 21 maggio un accordo sulla rinegoziazione dei mutui a tasso variabile, che dovrà essere perfezionato in una convenzione. L’iniziativa è stata annunciata dal governo e dall’Abi con toni molto positivi, enfatizzando il fatto che le banche sarebbero disposte a farsi carico dei problemi di chi deve ripagare il mutuo sulla casa.

QUATTRO CRITERI PER RINEGOZIARE

Davvero le banche si sono commosse per i debitori in difficoltà? Non sembra. La bozza di accordo prevede che i mutui a tasso variabile sulla prima casa, stipulati entro il 1ºgennaio 2007, possano essere rinegoziati secondo i seguenti criteri:

(1) la rata variabile viene sostituita da un rata fissa, calcolata in base al tasso d’interesse medio del 2006;
(2) la differenza tra la rata prevista dal contratto originario (variabile) e quella del nuovo contratto (fissa) viene addebitata su di un nuovo conto (finanziamento accessorio), sul quale si paga un tasso pari all’interbancario + mezzo punto percentuale;
(3) se in futuro i tassi d’interesse di mercato saliranno (o almeno non scenderanno), la durata del mutuo verrà allungata per consentire il rimborso del finanziamento accessorio;
(4) se i tassi di mercato scenderanno, si potrà tornare all’originaria rata variabile.
Quali saranno le conseguenze per chi aderirà alla rinegoziazione?

In sintesi: un beneficio immediato a fronte di un maggiore onere futuro. Le banche infatti non fanno nessuno sconto, ma semplicemente consentono di rinviare il pagamento di una parte degli interessi; si noti inoltre che sugli interessi dilazionati matureranno altri interessi.

Ma vediamo in dettaglio gli effetti di ciascuno criterio di rinegoziazione.

La sostituzione della rata variabile con quella fissa ne determina una riduzione immediata : ciò consente al debitore un sollievo, mettendolo al riparo dal rialzo dei tassi d’interesse avvenuto negli ultimi due anni (per effetto dell’aumento dei tassi ufficiali Bce e delle tensioni sul mercato interbancario. L’effetto combinato della seconda e terza clausola è che l’onere complessivo degli interessi aumenta e viene spalmato nel tempo: quindi il debitore impiegherà più mesi/anni per “liberarsi” del mutuo.
L’effetto precedente potrà essere attenuato solo se i tassi di mercato evolveranno in modo favorevole, cioè scenderanno.

CONCORRENZA VERA E PRESUNTA

È chiaro quindi che solo chi è in grave difficoltà nel ripagare le rate correnti può avere una convenienza ad aderire alla rinegoziazione, ottenendo un sollievo immediato (pagando in futuro, s’intende).

Per gli altri dovrebbe essere più conveniente cercare di ottenere condizioni davvero più favorevoli contrattando con altre banche e sfruttando la “portabilità” introdotta dal decreto Bersani: solo dalla concorrenza tra le banche si può sperare di ottenere veri e duraturi benefici per le famiglie.

Al contrario, l’accordo in questione sembra avere un forte impatto anti-concorrenziale. Sul metodo è perfino inutile commentare: si tratta di un accordo tra le banche, con la benedizione del governo!

Nel merito, prevede condizioni uniformi da applicare sui mutui rinegoziati, limitando fortemente lo spazio per la concorrenza. Inoltre, l’allungamento della durata del mutuo può essere un veicolo per “legare” il cliente alla banca per un periodo di tempo più lungo.

In conclusione, sembra quasi che l’accordo sia un modo per aggirare la portabilità dei mutui, la cui realizzazione è ostacolata dalle banche, come evidenziato dal recente avvio di un’istruttoria dell’Autorità antitrust. Esso offre infatti al cliente la possibilità di rinegoziare con la “sua” banca il mutuo, a condizioni apparentemente più favorevoli: si riduce così l’incentivo a cercare attivamente presso altre banche condizioni veramente migliori.

Quindi... Gli istituti di credito non fanno nessuno sconto, semplicemente consentono di rinviare il pagamento di una parte degli interessi. E su quelli dilazionati matureranno altri interessi. Solo dalla concorrenza tra le banche si può sperare di ottenere veri e duraturi benefici per le famiglie.

C'è ancora qualcuno che è convinto che davvero le banche si sono commosse per i debitori in difficoltà con la rata del mutuo?

Bye!!

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Fonte: LAVOCE.it

venerdì 9 maggio 2008

Laurea non più Laurea...


Appiattimento dei salari verso il basso e inadeguatezza del contratto nazionale. Aumento del gap con l'Europa sul fronte infrastrutturale. E' quanto evidenzia, tra le altre cose, il Rapporto Unioncamere 2008, presentato oggi a Roma.

La differenza di retribuzione lorda tra un impiegato diplomato o addirittura laureato e un lavoratore non qualificato con la licenza media - si rileva - è di circa 1.600 euro l'anno, poco più di 120 euro lordi al mese.

Questo "appiattimento è il sintomo più evidente della scarsa attenzione al merito che caratterizza il mercato del lavoro nel nostro Paese", sottolinea Unioncamere rilevando, tra l'altro, che i salari sono cresciuti meno che nel resto d'Europa perché più bassa è stata la crescita della produttività.

"I salari sono molto, troppo bassi e questo appiattimento può scoraggiare chi studia. E' un messaggio sbagliato", ha sottolineato il presidente di Unioncamere Andrea Mondello nel presentare il Rapporto.

I dati non fanno certamente sorridere, al contrario dei commenti relativi agli stessi!

Più che di avere "studenti scoraggiati", ci dovremmo preoccupare di creare strutture che indirizzino gli stessi in una scelta fondamentale: prima studiare significava "sacrificare" un periodo di tempo della propria vita... con la prospettiva di recuperare il tutto (più gli interessi) grazie ad un buon lavoro che la laurea consentiva di trovare.

Oggi è diverso.

Si studia quasi per routine, perchè lo fanno tutti... pur sapendo che i lavori a maggior margine di guadagno (almeno nel lungo periodo) sono proprio quelli più "umili", che non necessitano di lauree, corsi post laurea o master... ma che che nessuno vuole fare e - per il semplice principio della domanda e dell'offerta - essendo scarsa la prima, la seconda lievita.

Soluzioni? Quì più che un post servirebbe un libro (o più di uno)!

Però la mia principale speranza è quella di un futuro con sistemi di istruzione (Superiori, Università, post-università) che aiutino a chiarire le idee ai ragazzi, piuttosto che illuderli con promesse difficilmente realizzabili.

Certo, il rischio è quello di veder diminuire (...precipitare?) il numero degli iscritti... e con essi qualche interesse verrà meno... ma i giovani (e anche le coscienze) ne sarebbero sicuramente riconoscenti!

Interessi vs Riconoscenza.... chi vincerà?

Bye!