domenica 1 dicembre 2013

Lo spirito Europeo



Sono anni che lo spirito europeo ha preso una brutta piega in Europa. Un quinquennio di crisi dell'euro poi, se non l'ha distrutto, ci è andato molto vicino.

Quella pericolosa deriva ora però fa un salto di qualità ulteriore: da stato d'animo diffuso si sostanzia in azioni, politiche e leggi nazionali. Tutte anti-europee e anti-mercato unico.
L'involuzione colpisce in Germania come in Gran Bretagna ma il contagio lambisce anche Austria, Olanda e Paesi scandinavi, il pianeta dei ricchi dove nazionalismi ed estremismi sgomitano più che altrove.

Mentre si sgrana senza fare scalpore, c'è poco da stupirsi se l'Europa da tempo ha smesso di essere la calamita del continente. Al punto da ritrovarsi snobbata, sul fronte Nord, dalla piccola Islanda già impegnata nei negoziati di adesione e, su quello orientale, dalla minuscola Armenia nonché dalla grande Ucraina dopo ben sei anni di trattative per arrivare a un accordo di associazione e libero scambio.

Se oggi l'Europa perde sempre più consensi, seduce sempre meno in casa i propri cittadini, figuriamoci fuori. Ma il sentimento non è ingiustificato. Gli schiaffi non sono per caso. La cronaca di queste ore accumula nuovi segnali di sgretolamento dell'edificio europeo, eroso nelle sue fondamenta da egoismi nazionali e logiche di arroccamento.
Che dire infatti della patto costitutivo della grande coalizione in Germania che finalmente sblocca oltre sei mesi di paralisi della vita europea ma al tempo stesso annuncia l'imposizione di un pedaggio sulle autostrade tedesche applicabile ai soli stranieri che le percorrono? Misura discriminatoria, quasi certamente alla fine verrà bocciata da Bruxelles ma il fatto stesso che sia stata concepita e blindata nel patto di coalizione in barba al mercato unico e ai suoi principi di libera circolazione delle persone, delle merci, dei capitali e dei servizi, la dice lunga sul modo in cui oggi a Berlino si guardano e gestiscono macchina e responsabilità europee.

I nuovi mini-standard ecologici per l'auto Ue, le resistenze all'uso dell'anti-dumping contro i cinesi, quelle per impedire la tutela del "made in", il bilancio pluriennale Ue ridotto in termini reali sono alcune delle altre facce degli egoismi industriali e/o dello strisciante disimpegno tedesco in Europa.

Del resto chi si illudeva che il ritorno dei socialdemocratici al governo avrebbe ammorbidito le politiche di rigore di Angela Merkel si ritrova smentito su tutta la linea: niente allentamenti, né mutualizzazione dei debiti né solidarietà finanziaria Ue nell'unione bancaria se non come ultimissima spiaggia. Silenzio sulla crescita europea (che non c'è). Invece contratti Ue vincolanti sulle riforme degli altri.

Forse la ritirata inglese è meno scandalosa perché in fondo da anni ampiamente mitridatizzata dal tessuto europeo. Però fa ancora un certo effetto sentire David Cameron annunciare futura libertà di movimento "ponderata" per gli immigrati Ue - non extra-comunitari - a poche settimana dalla fine delle restrizioni in vigore per rumeni e bulgari. Dal 2014 flussi e test di eligibilità più regolamentati per gli aiuti pubblici a alloggi e disoccupati. Per i nuovi arrivati niente sussidi di disoccupazione per tre mesi. Superato il test, sussidi solo per sei mesi, a meno che non dimostrino di avere serie prospettive di lavoro. Espulsione per senza tetto e mendicanti con divieto di reingresso per un anno.

Idee analoghe, secondo il premier inglese, sono in gestazione in Germania, Olanda e Austria.

Europa, se ancora ci sei, batti un colpo, verrebbe da dire. Già, ma quale Europa? E poi a chi rivolgere l'appello?


Bye


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Fonte: Sole24ore.it

lunedì 23 luglio 2012

Sfide a distanza sul mercato secondario


I falchi tedeschi cercano di creare una profonda ferita nell'euro affermando che il Fondo monetario non intende continuare nei suoi aiuti alla Grecia. La notizia è stata parzialmente smentita. Ma lo «scetticismo» del ministro dell'Economia tedesco Roesler nei confronti di Atene è la dimostrazione che la guerra contro l'euro non si svolge solo sul fronte esterno, ma anche sul fronte dell'ipernazionalismo della Germania.

 La battaglia dell'euro si deciderà, per l'Italia, entro agosto.

O almeno così pare, leggendo fra le righe ciò che ha detto Mario Draghi. Non è chiaro se egli sia come il generale Cadorna nella Prima guerra mondiale, che continuando a ritenere decisiva ogni conquista, passo passo ha perso a Caporetto. O come Diaz che ha rovesciato il fronte. Propendiamo per la seconda ipotesi...La principale dichiarazione di Draghi è che l'euro è irreversibile. Non si tratta della frase di uno che ha nel revolver solo l'ultimo colpo, dà la sensazione di uno che ha ancora altre munizioni. In luglio noi dobbiamo emettere 2 miliardi di euro di Ctz biennali il 26 e 8 di Bot semestrali il 27, la vera battaglia avverrà il 30 luglio per 4-6 miliardi di Btp a 5 e 10 anni. I Bot semestrali sono quasi moneta, il loro tasso non è soggetto al famoso spread di 500 punti che riguarda i Btp.... Sarà dunque il 30 luglio che si vedrà quanti Btp comprano gli operatori esteri che sono in gran parte investitori istituzionali tedeschi e di altri stati dell'eurozona i cui titoli a lungo termine hanno rendimenti inferiori al tasso di inflazione e, quindi, hanno bisogno di mettere nel portafoglio titoli a rendimento elevato. In agosto, ci sono il 13 una asta di Bot, il 28 una asta di Ctz e il 29 un'asta Bot. Dunque non ci saranno sfide sul campo di battaglia del mercato primario, ma solo sfide a distanza su quello secondario, mediante le vendite, soprattutto allo scoperto, di chi scommette contro l'euro. Nei portafogli dell'area del dollaro non ci sono molti Btp e quindi ha ragione chi sostiene che se in agosto il tentativo dei venditori short non avrà successo, essi rimarranno senza molte munizioni per i mesi seguenti. Certo se noi italiani ci fossimo fatti un fondo di 100 miliardi cash, con l'aiuto di banche internazionali, garantito su nostri patrimoni pubblici, con il supporto di banche internazionali, per contrastare la speculazione, la situazione sarebbe migliore. Ma bisogna tenere presente che Draghi ha risorse per intervenire nel caso di tensioni eccessive. Il presidente della Bce è condizionato dal principio che gli Stati indebitati debbono essere tenuti sotto pressione, in quanto non disposti a effettuare le necessarie riforme se non costretti. E ciò vale anche per il governo Monti, condizionato da un Pd a parole pro euro, nei fatti riottoso a riforme efficaci. Anche la minaccia di elezioni anticipate a settembre da parte di un Pd che teme di perdere, fa parte delle ragioni per cui la Bce non ci aiuta.

Certo, la affermazione di Draghi per cui l'euro è irreversibile è ambigua, ma non abbastanza per la distinzione fondamentale che fa fra la possibilità che per ragioni politico-finanziarie le autorità di fatto fiscali e monetarie dell'eurozona decidano di fare a meno della Grecia (poco probabile per ragioni politiche e perché la spesa è limitata rispetto a quella già fatta) e la possibilità che decidano di far andare fuori la Spagna e l'Italia. La prima, dopo che il Bundestag tedesco ha approvato 100 miliardi di aiuti alle banche spagnole sembra da escludere. Si tratta di una cifra troppo importante per pensare che non ci sia, alla base, una scelta di principio. Ora il debito si è "incollato"al creditore (la Germania ha una quota del 27% e l'Italia del 18%) e il creditore cercherà di non perdere il suo credito. 

E qui entra in gioco la questione dell'Italia.

Se esce dall'euro, la quota degli oneri della Germania aumenta automaticamente del 18% del 27% ossia 4,9% e passa al 32% . Se Spagna e Italia escono dall'euro, essa si riduce del 29%. E poiché uscirebbero anche Portogallo e Grecia, che contano per un altro 5 % abbondante, si ridurrebbe di un terzo e perderebbe attrazione per i nuovi candidati e l'euro diventerebbe una moneta internazionale secondaria, mentre l'eurozona non sarebbe più la parte dominante dell'Ue. E l'Italia fuori dall'euro, ma agganciata ad esso con una banda di oscillazione sarebbe un competitore pericoloso. Ecco che la battaglia di luglio e agosto per noi è quasi decisiva.

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Fonte: IlGiornale.it

mercoledì 11 luglio 2012

Accordo Eurogruppo, rotto il circolo vizioso tra debito sovrano e debito bancario




Se i 17 di Eurolandia avessero deciso un anno fa l'aiuto diretto alle banche con il Fondo salva stati senza pesare sul debito pubblico ora saremmo in ripresa economica. L'austerity (aumento delle tasse o riduzione delle spese) provoca un rallentamento dell'attività economica che oggi si trasmette direttamente nel peggioramento degli attivi delle banche stesse (esempio spagnolo dove i prestiti dubbi o bad loans aumentano se non schizzano, il credito alle imprese diminuisce, gli utili bancari vanno in rosso, il Pil va in recessione e aumenta il deficit).
L'aiuto diretto alle banche invece permetterà, quando sarà deciso formalmente il 20 luglio al prossimo Eurogruppo e solo dopo che la vigilanza bancaria europea sarà stata approntata (fra un anno), all'austerity di avere un esempio vituoso di rimettere a posto i conti pubblici senza provocare il collasso delle banche. Cioè interrompendo il circolo vizioso del debito sovrano con le banche. In questo ottica va segnalato che l'ESM (Meccanismo Europeo di Stabilità) non avrà il titolo di creditore privilegiato come era previsto in un primo tempo, una mossa che aveva allarmato gli investitori. Un errore prontamente e saggiamente emendato in "seconda" lettura.

SPAGNA. I soldi andranno così al FROB (il fondo statale spagnolo per la ristrutturazione bancaria) che riceverà entro la fine del mese una prima tranche di 30 miliardi di euro dall'EFSF (Fondo europeo di stabilità finanziaria meglio conosciuto come Fondo salva-stati), come «riserva in caso di necessità urgenti». Una mossa utile a calmare i mercati. La Spagna dovrà attuare una «revisione dei segmenti deboli del settore finanziario spagnolo», inclusa la vigilanza che è apparsa in qualche occasione un po' troppo rilassata, e le banche destinatarie del sostegno saranno soggette a specifici obblighi di ristrutturazione. La Spagna metterà a punto una bad bank per gestire gli asset delle banche in difficoltà come nelle migliori tradizioni di queste vicende. Un punto va chiarito: solo in futuro, però, quando ci sarà la vigilanza bancaria europea, l'ESM potrà fornire soldi direttamente alle banche senza pesare sul debito pubblico che aumentando fa salire gli interessi dei bond sovrani e anche attraverso questi titoli in pancia alle banche provoca, dopo l'infausta decisione dell'EBA (European Banking Authority, organismo della Ue, che ha il compito di sorvegliare il mercato bancario europeo) di contabilizzare al "mark to market" cioè al valore di mercato le obbligazioni sovrane, una seconda perdita alle banche che si aggiunge al rallemento economico.
 
SPAGNA CONTI. Inoltre, la Spagna dovrà anche adottare nuove misure correttive di auterità supplementare per riportare il disavanzo più vicino agli obiettivi concordati con la commissione, che però saranno alzati al 6,3% nel 2012 e al 4,5% nel 2013. A Madrid però è stata concessa una dilazione di un anno (dal 2013 al 2014) per portare il deficit/pil al di sotto del 3%. Una boccata di ossigeno per il governo Rajoy.
 
VIGILANZA BANCARIA EUROPEA. È stato fissato indicativamente per la prima settimana di settembre un Eurogruppo nell'ambito del quale è attesa la presentazione di proposte della Commissione europea guidata da Manuel Barroso in merito all'organismo unico di vigilanza bancaria, che il consiglio europeo è atteso valutare entro fine anno. Non si parla ancora di garanzie bancarie comuni dei depositi bancari per evitare le corse agli sportelli (come avvenuto in Grecia prima del voto del 17 giugno o in Spagna per la Bankia) ma è evidente che la nuova autorità sotto il controllo della Bce avrà compiti e poteri di regìa in coordinamento con le varie istitutizoni europee sulle banche fino alla chiusura coatta in caso di situazioni di grave indebitamento.

FONDO ANTI-SPREAD. Infine i 17 ministri delle Finanze dell'Eurozona hanno reso operativa l'intesa raggiunta dai Capi di governo nel summit dell'Eurogruppo del 28-29 giugno sull'utilizzo del fondo salva Stati (interventi per calmierare gli spread tra i diversi titoli sovrani), la decisione fortemente voluta dal premier Mario Monti. La Bce di Mario Draghi sarà chiamata a operare per gli acquisti dei bond interessati ma solo usando soldi del Fondo salva-stati per evitare di infrangere i trattati che proibiscono di finanziare i debiti dei paesi membri.

Bye!


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Fonte: Sole24Ore

lunedì 9 luglio 2012

La Bce taglia i tassi, ma il mercato rimane deluso. Oggi tocca all'Eurogruppo...


La scorsa settimana è stata dominata dall´attesa per la Banca centrale europea. L´Eurotower ha ridotto il tasso di riferimento di 25 punti base portandolo al minimo storico dello 0,75%. In calo anche il tasso sui depositi e quello sui prestiti overnight che passano a zero ed all'1,50%. La reazione del mercato non è stata però positiva. Gli operatori si attendevano verosimilmente di più dal governatore Mario Draghi, che ha lasciato capire come la prospettiva di un nuovo piano di finanziamenti alle banche (LTRO 3) non sia imminente. Si è così assistito a una correzione delle Borse e a una concomitante risalita dei rendimenti per i titoli dell´Europa periferica, con lo spread Btp/Bund tornato in area 470 punti base.

Gli appuntamenti di maggior interesse di questa settimana: nella giornata odierna il governatore della Bce ha tenuto un discorso al Parlamento europeo mentre i ministri finanziari dell´Eurogruppo (per l´Italia presente Mario Monti) stanno ancora definendo gli accordi raggiunti nel summit europeo del 28 e 29 giugno scorsi.
Si guarderà tuttavia con attenzione anche alla riunione di domani della Corte Costituzionale tedesca, che discuterà le mozioni contro l´Esm. Da ricordare nella giornata di giovedì la pubblicazione del report mensile di luglio da parte della Bce.

L´intonazione di breve termine dei mercati finanziari sarà con buona probabilità decisa dall´orientamento che prenderà l´Eurogruppo oggi. L´agenda dell´evento racchiude infatti numerosi dei punti anti-crisi discussi nelle ultime settimane: lo scudo anti-spread e le banche, la ricapitalizzazione delle banche spagnole (lunedì verrà perfezionato il memorandum d´intesa), i nuovi aiuti alla Grecia e a Cipro (si deciderà sulla possibilità di concedere ad Atene due anni in più per l´applicazione del programma di austerità). Sarà inoltre da decidere la nomina di un nuovo membro nel board della Bce al posto di Josè Manuel Gonzales-Paramo. Per assistere a un aumento della propensione al rischio da parte degli investitori sarà necessario che gli accordi presi tra i leader europei vengano ratificati. Saranno in particolare necessari passi in avanti nella creazione di un´autorità unica per la supervisione degli istituti di credito e in merito ai tempi e alle modalità di applicazione dell´accordo per l´acquisto di bond dei Paesi sotto attacco speculativo da parte dei fondi Esm-Efsf.

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Fonte: Barclays Capital 

martedì 3 luglio 2012

L'Euro di tutti




Chi ha più fame vince e, questa volta, Mario Monti ha dimostrato di avere ancora più fame di Mario Balotelli. Sul campo da gioco di Bruxelles il "commissario tecnico" dell'Italia è stato così testardo da tenere sul tavolo il problema della costruzione (incompiuta) europea e del rischio euro nonostante le forti pressioni che lo spingevano a desistere. Con il peso della sua credibilità e la forza di un'azione di governo che ha fatto i compiti in casa, il premier italiano ha costretto la cancelliera Merkel a prendere atto e ad affrontare il problema vero del momento.

Quale?

Che i tassi di interesse dei titoli sovrani dei diversi Paesi riflettono il giudizio dei mercati sui loro fondamentali (finanza pubblica, salute dell'economia, dinamismo nelle esportazioni, solidità del sistema bancario) ma dipendono, per una componente non piccola, dalla percezione che i mercati hanno proprio del rischio euro, del tasso di fiducia che riscuote la costruzione europea, del fatto che siano ancora tanti, troppi, a scommettere sulla fine della moneta unica.
Mario Monti ha chiamato tutti ad assumersi le proprie responsabilità, ha chiesto e ottenuto un impegno solenne a portare a zero questa percezione dei mercati perché Paesi come l'Italia che hanno imposto ai loro cittadini la medicina necessaria ma amara dei sacrifici non debbano anche pagare un surplus di costi per finanziare la raccolta dello Stato e, di conseguenza, di banche, imprese e famiglie sull'altare di una colpevole fragilità politica europea.

La soluzione effettiva del problema non c'è, ma c'è la consapevolezza e l'impegno che occorre trovarla all'interno di un programma condiviso di Unione rafforzata, coautore Mario Draghi, che incide sul piano fiscale, finanziario (in primis vigilanza bancaria comune), economico e politico. C'è un risultato rilevante perché stabilisce, per la prima volta, il principio che il rischio euro non è un problema di questo o quel Paese ma è un problema europeo e, cioè, di tutti. Non si tratta di chiedere salvataggi ma di dire le cose come stanno e di dare un segnale preciso ai mercati. Si è deciso che bisogna mettere in moto adeguati meccanismi di intervento perché il problema c'è. Prima si negava, a volte con protervia, che il problema esistesse.

Ora, però, bisogna passare dalle parole ai fatti.
Con quali soldi si interverrà sul mercato primario e secondario dei titoli di Stato?
Si darà o meno la licenza bancaria al fondo Efsf/Esm?
Chi e come potrà ricapitalizzare direttamente le banche?

Sono dettagli importanti, da curare con attenzione e sui quali non cessare mai di vigilare perché l'applicazione tecnica può esprimere, al massimo o al minimo, la scelta di dotarsi di uno scudo anti-spread e ciò determina effetti non trascurabili sulle singole economie europee.
Il cammino dell'Italia resta difficile, si vince o si perde in casa, ma il disegno politico europeista esce rafforzato proprio grazie all'azione determinata del nostro governo. Non è poco. Dopo tante fumate nere, il vertice appena concluso segna un passo deciso nella direzione auspicata degli Stati Uniti d'Europa.

La Merkel continua a negare gli eurobond, ne fa un punto d'onore, ma il piano per la crescita mobilita risorse reali e sarà un test per constatare se si è deciso di sanare finalmente la zoppìa europea originaria che non ha mai consentito di affiancare alla gamba del rigore quella della crescita. Per noi, sarà decisivo conservare la fame di questi giorni. La stessa che mostrammo di avere negli anni del dopoguerra. Come allora anche oggi, non dobbiamo nascondere le nostre debolezze se vogliamo vincerle. La vera sfida è convincere gli altri che non abbiamo solo il desiderio, ma anche le capacità e la forza per farlo.

Bye!


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Fonte: Sole24Ore