lunedì 25 febbraio 2008

Un software triestino per prevedere l'andamento dei mercati finanziari.


Passa per Trieste l'analisi dei mercati finanziari più innovativa «made in Italy» , che avvalendosi anche di un originale "algoritmo" d'ispirazione scientifica, prevede i movimenti dell'Euro, del dollaro, della sterlina o dello yen.

Lo annuncia Bic Sviluppo Italia Friuli Venezia Giulia, che accoglie nel suo «incubatore» triestino di aziende una società start-up che ha messo recentemente a punto un software unico di analisi dei movimenti dei mercati finanziari.

Chiamata «Avalon Researchlabs», l'azienda è stata fondata da due trentenni udinesi ed è approdata l'anno scorso a Trieste, dopo aver lavorato come spin off universitario all'incubatore della Danieli.

Il team dell' azienda è composto da giovani esperti di trading e software che oltre ad essere molto motivati, hanno investito più di due anni nello sviluppo di strumenti che permettano l'elaborazione in real time dei dati.

L'azienda vanta già un portfolio di 10 clienti, di cui 6 lavorano al livello europeo e nei prossimi mesi mira ad avvicinare di più i potenziali clienti di Trieste e del Friuli Venezia Giulia.

Il primo incontro pubblico di presentazione Avalon sarà ospitato il 27 febbraio a Trieste alla sede BIC, nel convegno «GenerAzioni di Valore» , che presenterà inoltre alle imprese alcune soluzioni operative per affrontare i temi della continuità d'impresa e di passaggio generazionale. Concretamente, Avalon svolge attività di consulenza indipendente nelle gestioni dei patrimoni ovvero fornisce strategie alle società di gestione o ai Fondi comuni di investimento. Il tutto per valorizzare al meglio uno scenario internazionale che negli ultimi anni ha visto i mercati finanziari trasformati da ambiente per addetti ai lavori a «pane quotidiano» di milioni e decine di milioni di persone.

La filosofia della nuova analisi «made in Trieste» che ha ispirato la realizzazione di questo nuovo software, trova le sue radici in «un cammino» di studi metafisici e di «geometrica sacra».

I piani di trading sono il risultato di programmi che non hanno come base le conformazioni grafiche classiche dell'analisi tecnica ma solo regole geometriche e metafisiche; le formule sono alla base delle più antiche regole di architettura e i precetti matematici sono infatti del tutto identici a quelli che reggono alcune piramidi egiziane o la cattedrale di Chartres, situata a un centinaio di chilometri da Parigi.

Per il momento, essendo difficile ottenere in tempo reale dati che non siano filtrati dai trader, i risultati sono dimostrati essenzialmente su serie storiche: tali analisi appaiono estremamente promettenti. Non a caso infatti, anche la stampa specializzata di Milano e oltre 10 possibili clienti, tra i quali anche il gestore di «hedge fund milanese» sono già in contatto con l'azienda.


Piani di trading risultato di programmi che hanno come base regole geometriche e metafisiche... Davvero interessante!
Io sono per l'analisi tecnica ma mai chiudere la porta a queste interessanti iniziative.
...Staremo a vedere.
Bye!

venerdì 22 febbraio 2008

Sportelli "Under 30".


Una rete di sportelli dedicati ai clienti Under 30.
All’estero esistono già, in Italia inizia a pensarci Unicredit. Unicredit spera così di catturare la clientela più giovane, finora poco avvezza ad avvicinarsi autonomamente alla banca preferendo piuttosto appoggiarsi agli istituti dove sono clienti i genitori.

Di concreto però, al momento, c’è solo un voluminoso fascicolo che sta girando in alcuni importanti studi di architettura specializzati, invitati dal gruppo bancario a fornire un contributo di idee su come allestire gli interni dedicati ma anche su come presentarli ai potenziali clienti, in modo da «attrarli». Una delle ipotesi allo studio, ancora appena abbozzata, sarebbe quella di piazzare dei «corner» bancari nelle zone universitarie delle città. Peraltro senza prevedere nessun marchio dedicato o nessuna separazione societaria, spiega ancora chi ha potuto valutare il dossier.

Oggetto di valutazione preliminare sarebbe anche l’accoglienza che questo modello, di successo in molti paesi europei, potrebbe avere nel nostro:
-da un lato, infatti, si scontra con le dinamiche demografiche del nostro Paese, con l’accesso tardivo al mondo del lavoro e quindi all’indipendenza economica e con i bassi salari d’accesso (... l'annoso tema dei "bamboccioni"!);
- dall’altro, secondo una ricerca commissionata dalla stessa Unicredit, il fatto che la percezione delle banche presso i potenziali clienti Under 30 non sarebbe proprio incoraggiante.

Da qui, la necessità di attirarli non solo con prodotti mirati ma anche con qualcosa in più. Proprio per capire cosa, Unicredit ha dato un mandato e fornito il voluminoso dossier ad una serie di architetti.

Vedremo come andrà a finire.

Certo, il commento che viene spontaneo è..."non sanno più cosa inventare!"
Ma magari sarà proprio Unicredit, con i risultati, a rispondere a questo giustificato scetticismo.

Bye!

fonte: Espresso

mercoledì 20 febbraio 2008

Il Far West dei derivati...


La bolla italiana dei derivati rischia di far saltare migliaia di imprese in un anno di crisi economica mondiale. E in una situazione di caos nazionale, con una giustizia divisa e un sistema di controlli che gli esperti continuano a giudicare inadeguato. Le aziende italiane esposte con questi contratti finanziari ad altissimo rischio (vere e proprie scommesse, per lo più sui tassi di cambio o d'interesse) sono ben 29.195 e per due terzi sono piccole o piccolissime. In compenso le loro perdite hanno raggiunto i 4 miliardi e 910 milioni di euro.

Secondo gli ultimi dati pubblicati dalla Banca d'Italia (contratti analizzati al giugno 2007) le imprese danneggiate rappresentano tutti i settori, dall'edilizia ai servizi, tutte le regioni, dal Nord-Est alla Puglia, e tutti gli ordini di grandezza. La casistica va dalle oltre 6 mila imprese individuali o familiari con meno di un milione di affidamento bancario, fino alle 9.745 grandi aziende con migliaia di fornitori e dipendenti. Proprio l'eterogeneità dei settori colpiti è la prima anomalia. È il segno più evidente che c'è stata una massiccia campagna di distribuzione di derivati, non focalizzati sulle specifiche esigenze di copertura del rischio del singolo cliente della banca. Senza contare che le perdite sono raddoppiate anche quando i tassi sono andati in controtendenza.

...E allora che copertura era?.

Secondo Lannutti - ex bancario diventato paladino dei risparmiatori con la sua Adusbef - il caso italiano è il riflesso di un Far West planetario. "Le più grandi banche internazionali hanno spacciato derivati per importi pari a dieci volte il Pil mondiale. È un sistema senza regole e senza controlli che ha dato ai signori della finanza una sorta di licenza di battere moneta falsa. E ora c'è la recessione".

Una classifica: Unicredit ha fatto la parte del leone nel mercato italiano dei derivati: secondo il centro studi del Sole 24 Ore, nel giugno scorso il primo gruppo italiano vantava controvalori per 15,4 miliardi di euro ed era seguito a distanza da Intesa-San Paolo (4,7 miliardi) e Montepaschi (1,1). Al quarto posto, prima della bufera giudiziaria, c'era Italease, con 700 milioni ora trasformati in perdite: una banca molto meno grande, che aveva costruito tutta la sua rapidissima crescita proprio sui derivati.

Anche se le banche cambiano, le storie dei danneggiati si somigliano e il nodo di fondo è un difetto di sistema: la mancanza di un'adeguata informazione sui rischi.

Alcuni casi, se non fossero documentati, sembrerebbero barzellette.
Nel Nord-est c'è una banca regionale che ha fatto firmare l'autocertificazione di essere "operatore qualificato", cioè un vero esperto di alta finanza, a "due artigiani con la quinta e la terza elementare". Un piccolo industriale accusa un'altra banca veneta: "Minacciando di tagliarmi i fidi, hanno intestato derivati complicatissimi a mia mamma, che ha quasi 80 anni ed è casalinga". L'antologia comprende "derivati sullo yen venduti a un elettricista che non esportava nulla in Giappone". E perfino "un cliente nel pollaio". "Era disperato", ricorda Benini: "Fatturava 40 mila euro e stava perdendo mezzo milione. Il suo ufficio era una roulotte, per cui mi consegnò i derivati in mezzo al cortile, su un tavolone di legno, con galli e galline che ci passavano tra i piedi".

Che dire... Toccherà ai giudici valutare eventuali colpe della banca nei vecchi e nuovi casi.

Bye

Fonte: Sole 24 Ore

lunedì 18 febbraio 2008

Bond, cosa scegliere se dura la stagflazione


E’ di questi giorni la notizia che l’inflazione in Italia ha raggiunto livelli massimi degli ultimi cinque anni, superando dopo molto tempo il 3%.
Lungi dall’essere un fenomeno isolato, il dato sull’inflazione italiana conferma le tendenze in atto in tutt’Europa, come dimostrano l’indice europeo dei prezzi al consumo e dei prezzi alla produzione (v. grafico)

La contraddizione che tutti gli operatori ed analisti continuano a segnalare, è che quest’impennata dell’inflazione accade in contemporanea con aspettative di rallentamento economico piuttosto significative. In un quadro che può essere tecnicamente definito di “stagflazione” (cioè crescita economica debole ma crescita dei prezzi elevata), sono pochi gli investimenti che possono performare in maniera accettabile.
Le azioni tendono a scendere a causa del previsto rallentamento economico, le obbligazioni a tasso fisso vengono penalizzate dalle aspettative di inflazione elevata, le obbligazioni a tasso variabile infine fissano cedole ridotte in quanto influenzate dai bassi tassi di riferimento.

Cerchiamo quindi di capire quali potrebbero essere le conseguenze di un prolungato periodo di “stagflazione” per le varie tipologie di investimenti obbligazionari.

Titoli a tasso fisso a breve scadenza
L’elevato livello di inflazione non condiziona troppo il valore dei titoli; i rendimenti tuttavia sono relativamente bassi. RISCHI BASSI – PROSPETTIVE NEUTRALI.

Titoli a tasso fisso a lunga scadenza
L’elevato livello di inflazione rischia di condizionare in negativo il valore dei titoli. Con un rendimento di partenza molto simile ai titoli a breve scadenza il rapporto rischio/rendimento non sembra particolarmente appetibile. RISCHI ELEVATI – PROSPETTIVE INCERTE.

Titoli a tasso variabile
Il rallentamento economico rischia di costringere la BCE ad abbassare i tassi di riferimento (come già accaduto alla FED), questo significherebbe cedole sempre più basse nel prossimo futuro. RISCHI BASSI – PROSPETTIVE NEGATIVE.

Titoli a rating elevato
Il peggioramento delle prospettive economiche dovrebbe favorire gli emittenti con merito di credito più elevato. A parità di altre caratteristiche quindi l’andamento delle obbligazioni con rating elevato dovrebbe essere relativamente migliore. RISCHI BASSI – PROSPETTIVE POSITIVE.

Titoli a rating basso
Valgono ovviamente considerazioni opposte rispetto alla categoria precedente. Il peggioramento delle prospettive economiche dovrebbe infatti sfavorire gli emittenti con merito di credito basso. Questa categoria quindi rischia di avere un andamento negativo ancora per lungo tempo. RISCHI ELEVATI – PROSPETTIVE NEGATIVE.

Titoli legati all’inflazione
Sono tra le poche categorie di titoli che possono beneficiare di una situazione di stagflazione. L’inflazione elevata abbinata ad una crescita economica debole (che comunque non consente un’impennata dei tassi di interesse), consente di ottenere rendimenti superiori alle normali obbligazioni a tasso fisso (nel caso dei titoli “parametrati” all’inflazione) o a tasso variabile (nel caso dei titoli “indicizzati” all’inflazione). RISCHI CONTENUTI – PROSPETTIVE POSITIVE.

Obbligazioni convertibili
Essendo legate all’andamento di un’azione sottostante rischiano di subire l’andamento negativo dei mercati azionari. Il rendimento inoltre è generalmente inferiore ai tassi di mercato. RISCHI ELEVATI – PROSPETTIVE NEGATIVE.

Obbligazioni di tipo “index linked”
Le prospettive dipendono dall’indice sottostante. Se si tratta di un indice azionario le prospettive sono negative, se invece si tratta di un indice sulle commodities l’andamento può essere più positivo. Il rendimento è comunque inferiore ai tassi di mercato. RISCHI ELEVATI – PROSPETTIVE NEGATIVE/INCERTE.

Obbligazioni di tipo “reverse floater”
Essendo titoli a leva sull’andamento dei tassi di interesse possono essere associati alle obbligazioni a tasso fisso a lunghissima scadenza. Il loro andamento quindi è incerto a causa dell’elevato livello di inflazione. RISCHI ELEVATI – PROSPETTIVE NEGATIVE/INCERTE.

Obbligazioni di tipo “CMS” – “CMS 10-2”
Sono titoli a cui giova un aumento del differenziale tra i tassi a lungo e breve termine. Lo scenario di stagflazione dovrebbe consentire una maggiorazione di questo differenziale consentendo quindi un aumento del flusso cedolare e quindi del valore di queste obbligazioni. I rischi tuttavia restano elevati a causa della duration (cioè la sensibilità del prezzo al variare dei tassi di interesse) generalmente elevata. RISCHI ELEVATI – PROSPETTIVE POSITIVE.


In conclusione, per chi ritiene probabile un consolidamento delle tendenze di questi mesi, con inflazione elevata e rallentamento economico generalizzato, le scelte su dove concentrare i propri investimenti obbligazionari dovrebbero concentrarsi principalmente su: titoli a tassi fisso a breve scadenza, titoli con rating elevato, titoli legati all’inflazione e obbligazioni di tipo “CMS” o “CMS 10-2”... da scegliere, ovviamente, in base alla propensione al rischio di ciascuno!


Bye

martedì 12 febbraio 2008

Il mito del mattone...


Ci vuole sempre piu’ tempo per vendere una casa.

Ormai quasi dappertutto ci vogliono dai quattro ai sette mesi.

Uno studio di Tecnocasa dimostra che nelle grandi citta’ sono necessari 135 giorni per trovare un compratore, contro i 118 giorni di appena sei mesi fa.

Il mito del mattone si sta sgretolando anche in Italia?

Tempi cosi’ lunghi per vendere una casa significano due cose:

1. c’e’ piu’ offerta che domanda in giro!
Chi vuole comprare non ha fretta e temporeggia, convinto che i prezzi possano scendere e si possa risparmiare anche un bel po’, come sta succedendo in America.

2. l’idea che i tassi d’interesse siano destinati a calare.
Questo aggiungerebbe un altro vantaggio a chi ha pazienza.
Una pazienza che molti italiani non possono permettersi.

Sono quelli che hanno comprato una casa confidando su tempi rapidi per vendere la propria. Rischiano di trovarsi in mezzo al guado con un compromesso da onorare e un appartamento ancora da vendere.

...Il mito del mattone si sta sgretolando anche in Italia?

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