lunedì 28 gennaio 2008

Volatilità


Quella appena trascorsa è stata ancora una settimana difficile sui mercati azionari, caratterizzati da una serie incredibile di alti e bassi.

In gergo, questa si chiama volatilità, ed è uno dei peggiori nemici degli investitori tradizionali (non i day-trader, per intenderci...)

Questo perché un giorno i mercati cedono pesantemente e si ha la tentazione di uscire per paura di perdere ancora di più. Il giorno seguente, però, i mercati recuperano in modo molto forte e... da un lato si rimpiange quello che si è venduto il giorno prima... dall'altro si fa forte la tentazione di rientrare nuovamente!

Il risultato? Si vende sui minimi e si compra sui massimi!
Ma soprattutto, si passa il tempo a comprare e vendere.

Investire a lungo termine non mette al riparo dalla volatilità: infatti, giorno dopo giorno vediamo comunque le nostre azioni salire o scendere, anche pesantemente!

Per contrastare la volatilità, il suggerimento è di costruire un portafoglio diversificato tra azioni e altri investimenti meno correlati.

Vediamo cosa succede da inizio anno.

Chi il primo gennaio fosse stato carico di liquidità, oggi potrebbe comprare azioni a prezzi molto più bassi. Circa un 10-15% più bassi.

Chi avesse investito in obbligazioni, avrebbe fatto anche meglio. Infatti, le obbligazioni stanno guadagnando oltre il 2% in meno di un mese, mentre i mercati azionari perdono oltre il 10%.

Dunque, tenere un po' di cash e di obbligazioni è il modo migliore per affrontare la volatilità e restare più tranquilli di fronte alle oscillazioni quotidiane.

Bye!

venerdì 18 gennaio 2008

Social lending: anche in Italia arriva il prestito tra privati


Nel mondo anglosassone lo chiamano social lending ed è una forma di “prestito sociale” tra privati che si sta rapidamente diffondendo anche in Italia, grazie a community online come Zopa e Boober: siti che sfruttano la capillarità del web per mettere in comunicazione degli sconosciuti che vogliono trarre reciproco vantaggio da uno scambio di denaro.

Da una parte, coloro che hanno bisogno di un finanziamento, sperano di ottenere condizioni più vantaggiose rispetto a quelle offerte dagli istituti di credito, e vogliono liberarsi della spiacevole sensazioni di disagio che prova chi si reca in banca per chiedere denaro. Dall’altra, coloro che vogliono “mettere a prestito” una certa somma, per ottenere una remunerazione (superiore a quella offerta dal conto corrente e magari anche ad altre forme di investimento), saltando, al tempo stesso, l’intermediazione di banche e finanziarie.

L’idea è buona, ma, a pensarci bene, è meno rivoluzionaria di quanto si potrebbe pensare: i principi che sono alla base del social lending risalgono ai collegia opificium dell’antica Roma e si sono manifestati tra il XVIII e XIX secolo nella forma delle Società di Mutuo Soccorso... Appare però evidente che, grazie alle potenzialità “democratiche” del web, il social lending ha reso il prestito tra privati una realtà accessibile a chiunque disponga di una connessione ad internet ed un semplice conto corrente.

Da un paio di mesi è sbarcato anche in Italia, come detto, sono già due le piattaforme dove si possono incontrare quelli che cercano e che offrono denaro: Zopa e Boober. La differenza sostanziale tra i due sistemi è legata al modo in cui prestatori e richiedenti si “incontrano”:
- su Zopa, il sistema “incrocia” automaticamente le richieste e le offerte di finanziamento con caratteristiche sovrapponibili;
- su Boober, invece, è il prestatore a decidere quali richieste eventualmente finanziare, a partire da una serie di informazioni (la finalità del progetto che viene finanziato, importo e durata del finanziamento, nickname e indicatore di rischio del richiedente e tasso di interesse che è disposto a sostenere, percentuale della somma richiesta che è già stata “coperta” da altre offerte).

Zopa utilizza un sistema più efficiente. Boober garantisce un’ interazione più diretta tra prestatori e richiedenti, inclusa la possibilità di comunicare e “negoziare” le condizioni del prestito all’interno di forum collegati a ciascuna richiesta di finanziamento.

Sulla sfondo un principio comune: i tassi dei finanziamenti sono determinati esclusivamente dall’incontro tra domanda e offerta, senza intermediazione.

Secondo i dati dell’Ufficio Italiano Cambi, il tasso medio per i prestiti personali di importo inferiore ai 5.000 euro erogati da banche e finanziarie nel periodo gennaio-settembre 2007 è stato rispettivamente del 10,25 e del 16,89%. Su Zopa.it il tasso effettivo (taeg) per un finanziamento di 3000 euro a 12 mesi oscilla tra il 4,9% per i prestiti più “sicuri” (richiedenti A+), all’8,5% se il richiedente ha una “classe di rischio” (rating) pari a C, la più bassa.

Quindi, almeno per una volta, dovrebbero davvero guadagnarci tutti...!

venerdì 11 gennaio 2008

Prezzi Record per il Petrolio


Il tema petrolio è tornato nuovamente alla ribalta dopo il recente balzo in avanti dei prezzi che hanno raggiunto livelli mai registrati prima, almeno in termini nominali, infrangendo la soglia psicologica dei 100 dollari al barile.

In un anno il costo di un barile di greggio quotato al Nymex è passato dai 58 dollari fino appunto a quota 100, mentre esperti ed economisti di tutto il mondo si interrogano sia sulle cause che soprattutto sulle conseguenze di un tale comportamento.

Diverse sono le opinioni sulle ragioni dell’aumento.

Come si è giunti alla situazione attuale?

La vertiginosa crescita dei prezzi del petrolio inizia nella prima metà degli anni settanta in concomitanza con la crisi petrolifera del 1973, anno in cui le quotazioni dell’oro nero arrivano quasi a quadruplicarsi in seguito all’embargo dei maggiori paesi produttori, aderenti all’Opec, contro i sostenitori di Israele nella guerra del Kippur. Il record dei 42 dollari viene toccato nel 1980 con la crisi successiva alla rivoluzione di Khomeini e la conseguente guerra tra Iran e Iraq (nello stesso periodo l’Unione Sovietica invade l’Afganistan).

I prezzi imboccano la strada in discesa nella seconda metà degli anni ’80 per tornare fino a 10 dollari. L’invasione dell’Iraq ai danni del Kuwait segna un nuovo balzo del greggio che nel 1991 torna sui valori registrati nel 1983, sopra i 30 dollari.

Durante tutti gli anni ’90 fino all’attentato alle torri gemelle il prezzo del greggio resta su livelli storicamente accettabili e torna a salire durante la guerra in Afganistan con un picco durante l’invasione dell’Iraq.

Il limite dei 40 dollari verrà di nuovo abbattuto all’inizio del 2005 quando il petrolio salirà verso quota 60 dollari, livello raggiunto e poi abbattuto l’anno successivo, quando è iniziata la rincorsa verso i valori attuali.

La recente corsa al rialzo è da attribuire a molteplici fattori: lo scenario geopolitico sempre più instabile dopo l’annuncio dei programmi di arricchimento dell’Uranio da parte dell’Iran e la rivolta dei guerriglieri del Movimento per l’Emancipazione del Delta del Niger (la Nigeria ad oggi rappresenta il principale esportatore di petrolio del Continente africano).

Ma anche gli sconvolgimenti del clima con tempeste ed uragani capaci di bloccare raffinerie e impianti per interi giorni. Recentemente è toccato ad alcuni porti del Messico, dai quali il petrolio viene esportato, chiusi a causa delle condizioni climatiche avverse.

Non ultime in ordine di importanza le dinamiche tra domanda e offerta, con un fabbisogno sempre crescente di materia prima e una disponibilità invece sempre più esigua.

Non va poi dimenticato il fenomeno della speculazione... Secondo dati recenti, attualmente solo il 25% dei contratti di fornitura arriva alla consegna fisica del bene, il restante 75% è contrattato dalle grandi società finanziarie e dagli hedge funds allo scopo di speculare sulle oscillazioni del prezzo del greggio.

Difficile invece capire se il tema della scarsità sia tra i motivi che fanno lievitare i prezzi. C’è, infatti, chi è convinto che i pozzi possano garantire il soddisfacimento dei bisogni del mercato ancora per soli dieci anni e chi invece è certo della presenza di nuove ed importanti riserve in grado di garantire l’estrazione ancora per lungo tempo.

Una soluzione per cercare di calmierare i prezzi potrebbe essere quella di immettere sul mercato quantità aggiuntive di petrolio, ipotesi che però è stata esclusa di recente sia dagli Usa che dall’Agenzia internazionale dell’energia.

L’Opec, dal canto proprio, ha escluso di anticipare la riunione prevista per il 1° febbraio e non aumenterà quindi la produzione giornaliera, ritenendo falsa la motivazione secondo la quale la vera causa della nuova fiammata dei prezzi sarebbe da attribuire allo scarso rifornimento.

Secondo il commissario europeo agli Affari economici e monetari, Joaquin Almunia, invece pesano i consumi crescenti tanto che da qui al 2024 l’Organizzazione dei Paesi produttori non potrà più sostenere la pressione della domanda di materia prima da parte dei paesi industrializzati.

Una cosa è certa: il continuo aumento di prezzo delle risorse energetiche avrà un sicuro impatto sulla crescita economica dell'Unione europea.

lunedì 7 gennaio 2008

2008, le Borse provano a ripartire...



Caro-petrolio, inflazione, rallentamento dei consumi e disoccupazione americana: da questa mattina gli investitori torneranno a confrontarsi con le quattro «streghe» che hanno trasformato la prima settimana del 2008 nel peggior inizio d’anno per Wall Street dal 1932!


A richiamare alla memoria i colori della Depressione è stato il settimanale americano Barron’s a dimostrazione di come Oltreoceano si faccia strada il timore che dietro al sortilegio di venerdì scorso (quando le sole Borse europee hanno perso 162 miliardi in termini di capitalizzazione) si nascondano le avvisaglie di un arresto dell’economia Usa.


L’Europa dovrà, invece, decidere se tornare a scommettere sul comparto dell’auto, finora tra i più penalizzati: venerdì Fiat ha ceduto un ulteriore 7% avvicinandosi a 15,5 euro, più o meno il valore di un anno prima. Ad abbattere il Lingotto e gli altri gruppi automobilistici internazionali, ha concorso l’inarrestabile fiammata che ha portato il petrolio a sfondare, seppur temporaneamente, il tabù dei 100 dollari al barile. Al bivio anche gli altri titoli «blasonati» di Piazza Affari, tutti al centro delle vendite con l’eccezione di Terna e degli energetici sostenuti dal greggio.


A preoccupare gli investitori sono anche le ulteriori conseguenze della crisi dei mutui subprime americani che hanno già costretto molti colossi finanziari a pesanti svalutazioni e indotto alcune istituzioni di Manhattan come Citigroup ad accettare il soccorso dei fondi sovrani medio-orientali.


Dal presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, i mercati si attendono una sforbiciata al costo del denaro a fine mese. Il caro-vita potrebbe, tuttavia, suggerire all’arbitro dell’economia Usa (il tasso di disoccupazione è salito al 5% segnando il dato peggiore dal 2003) di restare immobile. Le decisioni di Bernanke impatteranno su un’altra variabile cruciale: la debolezza del dollaro rispetto al super-euro, spinto anche dalla politica della Bce pronta ad agire sulla leve dei tassi per contrastare una inflazione in Europa ai massimi da 6 anni e mezzo.


Giovedì Jean-Claude Trichet dovrebbe mantenere inalterato il costo del denaro al 4%, ma nelle stesse ore i mercati cercheranno tra le pagine dell’outlook economico della Fed qualche segnale di inversione...