martedì 18 novembre 2008

Il decreto Gelmini (Seconda parte)


LISTE E SORTEGGI

Su un punto, però, il decreto appare in palese contraddizione con lo spirito meritocratico che intende promuovere nelle università, premiando per la prima volta i comportamenti virtuosi (nella gestione di bilancio).
Lo stesso articolo 1 va infatti a modificare una tantum le procedure di reclutamento del personale universitario, sostituendo alle commissioni locali elette su base nazionale delle commissioni sorteggiate da una lista unica eletta su base nazionale, per un numero triplo dei membri richiesti.
Si consideri a titolo esemplificativo il caso delle discipline economiche: http://reclutamento.miur.it/bandi.html)

Tagliando corto... Complessivamente, un professore ordinario di economia politica ha una probabilità su quattro di trovarsi a essere commissario in un concorso di prima fascia. Per i concorsi da associato, gli stessi numeri diventano nove decimi come probabilità di essere eletto nella lista e tre decimi come probabilità di finire commissario in un concorso di seconda fascia.

Sommata alla precedente, perché nulla impedisce di essere estratti in entrambe le valutazioni comparative, ogni professore ordinario ha più di una probabilità su due di fare il commissario in qualche concorso. Ovviamente, le probabilità crescono significativamente nei casi delle discipline in cui il numero degli eleggibili è inferiore al fabbisogno delle commissioni.

Il destino quindi dell’accademia italiana nei prossimi sei-otto mesi sembra essere quello di fare concorsi a caso. Si obbietterà che questo non è colpa del nuovo sistema riformato, ma solo dell’eccessivo numero di concorsi banditi dalle università.
È falso, per due motivi.
Il primo è che a parità di numero di concorsi il fabbisogno di professori ordinari commissari è aumentato, essendo stati esclusi i professori associati da questo compito.
Il secondo è che nel sistema che è stato abolito coesistevano incentivi, positivi o negativi, a fare il commissario. Gli incentivi positivi nascevano dalla disponibilità di molti docenti universitari onesti, che richiesti di far parte di commissioni di docenti par loro, erano pronti, e in alcuni casi persino contenti, di partecipare alla selezione dei candidati più meritevoli. Gli incentivi negativi nascevano dalla disponibilità di docenti interessati (o succubi) a scambiare la loro partecipazione come commissari di un concorso di cui fossero predefiniti gli esiti in cambio di favori di un qualche tipo da riscuotere in futuro.
Il nuovo sistema ha cancellato la possibilità di entrambi i comportamenti. Il docente onesto si rifiuterà di partecipare a una commissione di valutazione, venendo a mancare la garanzia della compresenza di persone oneste a par suo. Il docente disonesto non può più offrire la sua partecipazione compiacente, in quanto ha una probabilità molto più ridotta di finire nella sede per la quale si auspicava il suo operato.
I concorsi, ammesso e non concesso che si riescano davvero a formare le commissioni, diventeranno un vero terno al lotto, senza avere alcuna garanzia di svolgimento maggiormente meritocratico.

Si ha l’impressione che per colpire la parentopoli dell’università italiana, intento nobilissimo e pienamente condivisibile, si sia inventato un marchingegno così complicato da rendere (intenzionalmente) impossibile ogni calcolo di convenienza, non solo dal punto di vista dei commissari ma anche da quello dei candidati. Non dimentichiamo che i candidati non hanno fatto domanda ovunque, ma soltanto in un massimo di cinque sedi, dove probabilmente ritenevano di avere qualche chance di conseguire una idoneità, sulla base di principi meritocratici. Correttezza avrebbe voluto che il nuovo sistema allargasse per loro la possibilità di presentare domande anche in altre sedi, riducendosi di fatto la probabilità di una selezione meritocratica.
Se il ministro Gelmini non ha fiducia nell’accademia italiana, al punto che per punire una parte di comportamenti opportunistici è disposta a far saltare alla radice l’intero meccanismo di reclutamento, allora forse era meglio una soluzione proceduralmente molto meno onerosa: estrarre a sorte i vincitori da un elenco di potenziali candidati, purché questi soddisfacessero alcuni requisiti minimali: avere un dottorato, aver scritto e pubblicato qualcosa. La qualità media di questa selezione non sarebbe molto diversa da quella che il nuovo sistema sarà in grado di produrre.

Bye!

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