giovedì 7 giugno 2007

Tfr, fondi pensione e rischi finanziari

S i avvicina il termine dl 30 giugno per la scelta sulla destinazione del Tfr. Ci sono alcuni punti che non sono ancora molto chiari e che, a mio giudizio, non sono stati affrontati con la dovuta attenzione.

In particolare vorrei soffermarmi su queste tre questioni:

1) Tfr in azienda per scelta espressa del dipendente. In caso di fallimento dell’azienda vi è garanzia formale e sostanziale dell’Inps alla restituzione dei capitale e del rendimento?
2) Tfr in fondo di categoria per scelta espressa del lavoratore. In caso di fallimento del fondo vi è una garanzia, formale e sostanziale alla restituzione del capitale accumulato?
3) Quali garanzie operano, invece, nel caso in cui il Tfr finisca ai fondi con la modalità del silenzio assenso?

Vediamo punto per punto...

1) In caso di fallimento dell’azienda, il pagamento del Tfr è assicurato grazie allo speciale fondo di garanzia costituto presso l’Inps. La procedura, ovviamente, non è velocissima ma il lavoratore può godere di una tutela elevata.

E veniamo alla previdenza complementare.

2) E’ difficile che un fondo pensione possa fallire, perché la normativa è piuttosto severa. Il patrimonio del fondo è separato, esiste una banca depositaria, dove confluiscono i versamenti, che, tra l’altro, controlla che la gestione sia in linea con quanto stabilito dagli organi del fondo. Inoltre ci sono anche i controlli della Covip. La regolamentazione è molto simile a quella dei fondi comuni, che in oltre 20 anni di carriera non sono mai falliti.

Il vero problema dei fondi è che, in linea di massima, non offrono un rendimento garantito, cosa che avviene, invece, per la liquidazione che si rivaluta annualmente in misura pari al 75% dell’inflazione più l’1,5%. In pratica il Tfr conservato in azienda, o confluito all’Inps se questa ha almeno 50 dipendenti, offre un rendimento positivo fino a un’inflazione del 6%.

Quindi, se si trasferisce il Tfr ai fondi pensione, il rischio di fallimento è praticamente nullo, mentre si corre un rischio finanziario, cioè di incassare meno di quanto versato o di ottenere un rendimento assai inferiore a quello garantito dalla liquidazione. Anche se in un investimento di lungo periodo questi rischi dovrebbero essere minimi.

3) Il Tfr che confluirà ai fondi in seguito al silenzio assenso verrà investito in linee a contenuto più prudenziale tali da «garantire la restituzione del capitale e rendimenti comparabili» al Tfr». Insomma rischi ridotti al minimo, ma anche rendimenti sottili.

Dunque, tutto si riconduce alla classica scelta rischio/rendimento?
No, non è così semplice... in questo caso gli aspetti più importanti riguardano l'informazione (disinformazione?), la chiarezza (confusione programmata?) e la trasparenza verso chi deve decidere dove destinare il TFR: solo con la presenza di tali requisiti la SCELTA potrà essere considerata tale!

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