venerdì 20 febbraio 2009

La nuova geografia del potere dopo lo tsunami in Piazza Affari

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L´ultima crisi finanziaria è passata come una scure su Piazza Affari, falciando il valore di una serie di aziende e ribaltando le prospettive su cui valutare tutta una rosa di società. Chi negli anni aveva registrato una crescita record e continuava a prevedere ricavi e profitti in aumento a due cifre, adesso viene rimesso in discussione. Viceversa, quelle società che pur non registrando crescite esponenziali hanno sempre preservato i loro flussi di cassa mantenendo un basso livello di indebitamento, sono tornate di moda.

Un esempio?


Geox, che dopo essere entrata nel 2007 a far parte dell´indice principale di Piazza Affari e aver vissuto un exploit borsistico unico, adesso è stata raggiunta dalla più vecchia tra le società italiane di abbigliamento, ovvero Benetton. Le due aziende venete che si rivolgono allo stesso segmento di mercato ma con prodotti diversi, hanno quasi eguagliato il loro valore di Borsa, proprio perché adesso gli investitori hanno qualche riserva sulla capacità del gruppo guidato da Mario Moretti Polegato di continuare a correre come negli scorsi anni, mentre invece tornano a riscoprire i flussi di cassa, gli immobili, la rete di franchising e la diversificazione della società presieduta da Luciano Benetton.

E, sempre guardando alle aziende che orbitano intorno a Benetton e alla galassia di Edizione Holding, Autogrill vale oggi meno dell´azienda di abbigliamento. E pensare che la società di ristorazione è sempre stata giudicata in casa Benetton come uno dei migliori investimenti mai fatti. La sfortuna di Autogrill è stata infatti quella di aver rilevato le attività degli aeroporti di Londra di World Duty Free poco prima dello scoppio della crisi più nera che ha mai colpito la City e che ha portato la sterlina ai minimi di sempre nei confronti dell´euro. Tuttavia secondo gli analisti, Autogrill avrà la forza di trasformare quello che adesso appare come un fattore di rischio in un´eccellente opportunità. Solo che in questa fase gli investitori preferiscono guardare al breve termine.

Tornando al made in Italy, le distanze tra Bulgari e Tod´s si sono annullate, tanto che agli inizi di febbraio il gruppo guidato da Diego Della Valle ha perfino superato per qualche seduta lo storico gioielliere romano in termini di capitalizzazione. Ed è abbastanza singolare il fatto che un´azienda come Bulgari, che è alla quarta generazione, si sia fatta fare le scarpe in Borsa da un gruppo che ha ricavi e profitti inferiori. Ma, a differenza del gruppo romano, Tod´s ha circa 60 milioni di cassa e soprattutto ha rispettato le promesse fatte per il 2008 chiudendo con ricavi in aumento del 7,7% (rispetto al meno 1,5% incassato da Bulgari).


Detto questo Benetton, che non ha i margini né di Tod´s, né tantomeno di Bulgari, le ha superate entrambe.

Quello che è successo nella moda, è capitato anche nell´industria e ancor di più nel settore finanziario. Nel cemento e nei materiali di costruzione Buzzi si è presa la rivincita contro il leader nazionale Italcementi.


Inoltre, nello stessa filiera di imprese sono avvenuti ribaltamenti anomali: basti pensare che la controllante Camfin vale ormai tanto quanto la minore delle partecipazioni di Pirelli, che è il suo braccio immobiliare Pirelli Re.


Nel mondo delle banche e delle assicurazioni questi divari sono ancora più evidenti. Basti pensare che Unicredit, l´unica banca italiana che è riuscita a distinguersi a livello internazionale, ha pagato pesantemente l´espansione in Germania (ma anche quella a livello nazionale con Capitalia), facendosi largamente sorpassare dalla prima banca italiana Intesa Sanpaolo.


E lo stesso è capitato nelle assicurazioni, dove Unipol, per il fatto di avere ancora in pancia la liquidità raccolta per il mancato acquisto della Bnl e per il suo profilo di gestione molto conservativo, ha superato il leader dei danni Fondiaria Sai.


In alcuni casi la crisi ha ridisegnato i campioni di Borsa anche perché nel momento in cui il mercato stava profondamente cambiando, il management di queste aziende non ha saputo anticipare per tempo la tempesta finanziaria che si è abbattuta pesantemente anche sull´economia reale.



Ma in altri casi, anche un buon management non ha potuto far niente per preservare i risultati della sua azienda. È il caso di Sergio Marchionne in Fiat. Sorprende però che l´elevetica Sgs, leader della certificazione e gruppo che ha reso famoso Marchionne nel mondo, ora valga di più del colosso dell´auto. (Ifil che possiede sia il 15% di Sgs sia il 30,4% del Lingotto, sta infatti ricevendo maggiori soddisfazioni dalla società quotata a Zurigo che dalla Fiat, nonostante l´accordo con Crysler...)


E non possiamo neanche dire "cose di altri tempi...!"



Bye!!



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Fonte: repubblica.it

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