martedì 18 dicembre 2007

Internazionalizzazione


Un anno così le imprese italiane non lo vivevano da tempo.

L’immagine che ci rimarrà impressa sarà quella dell’Alitalia che agonizza, con un numero inquietante di medici al suo capezzale, ma anche se è l’immagine più vivida, non è però la più vera.
Perché?
Perchè questo che va a finire è stato l’anno del risveglio e della internazionalizzazione.
Per un’Alitalia in coma c’è un Enel che comprando Endesa fa un salto dimensionale che nessun altro in Europa è riuscito a fare, c’è un Eni che nei dodici mesi riesce a comprare nuovi asset più di qualunque dei suoi competitor internazionali, c’è Mediaset che investe 2,6 miliardi di dollari per comprare Endemol. Luxottica ne spende 2,1 per la Oakley. Tenaris per un miliardo e quattro acquista Hydril e Rcs impiega oltre un miliardo per Recoletos.
E ce ne sono altre decine che con investimenti ciascuno nell’ordine delle centinaia di milioni di euro hanno fatto fare un salto di livello all’internazionalizzazione dell’impresa italiana.

Nei primi undici mesi dell’anno, secondo le stime di Kpmg Corporate Finance, le acquisizioni all’estero di imprese italiane sono state 108 per un ammontare complessivo di 57 miliardi euro. Erano stati 15 miliardi di euro nel 2006, 29 nel 2005 (grazie all’effetto UnicreditoHvb), solo 4 nel 2004.
E’ il risveglio, dopo anni di lavoro interno e silenzioso, di un pezzo di paese che forse da solo non basta a trainarci tutti e 56 milioni quanti siamo fuori dal guado, ma che sta facendo in pieno la sua parte. Sergio Mariotti, che insegna al Politecnico di Milano e insieme a Marco Mutinelli (e in collaborazione con l’Ice) ha creato la banca dati Reprint e l’osservatorio ‘Italia Multinazionale’, evidenzia il ritorno sulla scena internazionale delle grandi imprese, che negli anni scorsi avevano abbandonato il campo, e la riscoperta degli Stati Uniti dal cui mercato le aziende italiane si erano ritirate negli anni passati e ora grazie anche all’euro forte stanno tornando, e, significativamente, con l’acquisto non solo di reti di vendita ma anche di impianti produttivi. Di grandi imprese, si sa, l’Italia è povera, e tolte banche e assicurazioni, rimangono le private Telecom e Fiat, alle quali va aggiunta Tenaris visti i suoi oltre 18 miliardi di euro di capitalizzazione, e Eni ed Enel delle quali lo Stato è azionista di controllo. Ha fatto la sua parte anche il governo istituzione, con il presidente del consiglio e alcuni ministri che si sono spesi molto in giro per il mondo per appoggiare le strategie delle imprese italiane, a partecipazione pubblica e non. In realtà hanno semplicemente fatto quello che da sempre fanno i governi francese, inglese, tedesco, e che invece negli anni passati in Italia non faceva nessuno.

La lista dei "vincitori" è lunga, e scorrerla dà una certa soddisfazione.

E’ l’altra Italia, quella che non ha paura del futuro...

Nessun commento:

Posta un commento