giovedì 8 novembre 2007

I tagli della FED: aiutano la Borsa... ma senza averlo come obiettivo

Legare le mosse delle banche centrali alle fortune delle Borse è un esercizio costante nei tempi di crisi. Ad esso non si sottraggono mai gli investitori stessi, che guardano alla Federal Reserve e alla Bce come ai più naturali salvagenti che il sistema può, anzi deve, offrire per tenere a galla le quotazioni crollate.

L'abbiamo visto in occasione dell'ultima crisi dei mutui subprime in estate: poichè i listini sono scesi in picchiata (prima di risalire e poi di ricadere ancora in autunno), i risparmiatori con le azioni che dimagrivano nei loro portafogli, e i trader di borsa che non guadagnavano più per il calo dei volumi degli scambi, hanno chiesto in coro alle autorità di immettere liquidità nel mercato.

La FED ha fatto due tagli consecutivi, ed ora è nella situazione difficile di sostenere che non li ha fatti su pressione della piazza borsistica. Così ieri abbiamo sentito, da un autorevole membro della Federal Reserve cha ha tenuto un pubblico discorso, che le aspettative degli investitori e le politiche della banca centrale americana non sono legate da un rapporto di causa ed effetto. Frederich Mishkin, ha insistito in modo molto chiaro che i due tagli di settembre e di ottobre, il primo di 50 e il secondo di 25 centesimi, sono stati decisi per ridurre il rischio economico sull'economia, cioè per erigere una difesa contro la possibilità di una recessione, che comporterebbe un aumento della disoccupazione e un peggioramento sociale complessivo.

La puntualizzazione di Mishkin è di principio.
La Fed non ha come scopo, quando taglia i tassi, di diminuire i rischi per i risparmiatori. I quali, se perdono dei soldi a causa delle decisioni sbagliate che essi stessi prendono quando sottovalutano il rischio incorporato nei prezzi di asset che sono saliti al di là della soglia che diventa "bolla", non devono aspettarsi favori. Per essere ancora più esplicito, Misckin ha aggiunto che la FED è impotente nel salvare i risparmiatori, perchè le politiche di intervento monetario possibili, dal taglio del tasso di sconto agli approvvigionamenti mirati alle banche a tassi agevolati, fino al più noto taglio del tasso generale, sono proprio concepite e finalizzate per proteggere Main Street (l'economia) e non Wall Street (la Borsa).

Gli investitori devono sapere che non possono contare ciecamente sulla FED per riparare i guasti provocati dalla ingordigia o dalla incapacità nell’esporsi a rischi di correzioni fortissime dei prezzi delle azioni, delle obbligazioni, o delle case quando si compra puntando sulla crescita inarrestabile dei prezzi.

Il messaggio è: chi è troppo ottimista sul fatto che le quotazioni debbano solo salire corre un rischio, e deve rassegnarsi a pagare lo scotto se la bolla scoppia. Troppo comodo credere che ci sia sempre un compratore di ultima istanza. Il problema per la FED è che qualche volta gli effetti benefici su Main e Wall Street si sovrappongono, e quindi la credenza sul ruolo e sulla funzione salvifici della banca centrale è destinata a non morire mai, anche dopo i più rigorosi dei distinguo teorici.

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