Sono anni che lo spirito europeo ha preso una brutta piega
in Europa. Un quinquennio di crisi dell'euro poi, se non l'ha distrutto, ci è
andato molto vicino.
Quella pericolosa deriva ora però fa un salto di qualità
ulteriore: da stato d'animo diffuso si sostanzia in azioni, politiche e leggi
nazionali. Tutte anti-europee e anti-mercato unico.
L'involuzione colpisce in Germania come in Gran Bretagna ma il contagio lambisce anche Austria, Olanda e Paesi scandinavi, il pianeta dei ricchi dove nazionalismi ed estremismi sgomitano più che altrove.
L'involuzione colpisce in Germania come in Gran Bretagna ma il contagio lambisce anche Austria, Olanda e Paesi scandinavi, il pianeta dei ricchi dove nazionalismi ed estremismi sgomitano più che altrove.
Mentre si sgrana senza fare scalpore, c'è poco da stupirsi
se l'Europa da tempo ha smesso di essere la calamita del continente. Al punto
da ritrovarsi snobbata, sul fronte Nord, dalla piccola Islanda già impegnata
nei negoziati di adesione e, su quello orientale, dalla minuscola Armenia
nonché dalla grande Ucraina dopo ben sei anni di trattative per arrivare a un
accordo di associazione e libero scambio.
Se oggi l'Europa perde sempre più consensi, seduce sempre meno in casa i propri cittadini, figuriamoci fuori. Ma il sentimento non è ingiustificato. Gli schiaffi non sono per caso. La cronaca di queste ore accumula nuovi segnali di sgretolamento dell'edificio europeo, eroso nelle sue fondamenta da egoismi nazionali e logiche di arroccamento.
Che dire infatti della patto costitutivo della grande coalizione in Germania che finalmente sblocca oltre sei mesi di paralisi della vita europea ma al tempo stesso annuncia l'imposizione di un pedaggio sulle autostrade tedesche applicabile ai soli stranieri che le percorrono? Misura discriminatoria, quasi certamente alla fine verrà bocciata da Bruxelles ma il fatto stesso che sia stata concepita e blindata nel patto di coalizione in barba al mercato unico e ai suoi principi di libera circolazione delle persone, delle merci, dei capitali e dei servizi, la dice lunga sul modo in cui oggi a Berlino si guardano e gestiscono macchina e responsabilità europee.
I nuovi mini-standard ecologici per l'auto Ue, le resistenze
all'uso dell'anti-dumping contro i cinesi, quelle per impedire la tutela del
"made in", il bilancio pluriennale Ue ridotto in termini reali sono
alcune delle altre facce degli egoismi industriali e/o dello strisciante
disimpegno tedesco in Europa.
Del resto chi si illudeva che il ritorno dei
socialdemocratici al governo avrebbe ammorbidito le politiche di rigore di
Angela Merkel si ritrova smentito su tutta la linea: niente allentamenti, né
mutualizzazione dei debiti né solidarietà finanziaria Ue nell'unione bancaria
se non come ultimissima spiaggia. Silenzio sulla crescita europea (che non
c'è). Invece contratti Ue vincolanti sulle riforme degli altri.
Forse la ritirata inglese è meno scandalosa perché in fondo
da anni ampiamente mitridatizzata dal tessuto europeo. Però fa ancora un certo
effetto sentire David Cameron annunciare futura libertà di movimento
"ponderata" per gli immigrati Ue - non extra-comunitari - a poche
settimana dalla fine delle restrizioni in vigore per rumeni e bulgari. Dal 2014
flussi e test di eligibilità più regolamentati per gli aiuti pubblici a alloggi
e disoccupati. Per i nuovi arrivati niente sussidi di disoccupazione per tre
mesi. Superato il test, sussidi solo per sei mesi, a meno che non dimostrino di
avere serie prospettive di lavoro. Espulsione per senza tetto e mendicanti con
divieto di reingresso per un anno.
Idee analoghe, secondo il premier inglese, sono in
gestazione in Germania, Olanda e Austria.
Europa, se ancora ci sei, batti un colpo, verrebbe da dire.
Già, ma quale Europa? E poi a chi rivolgere l'appello?
Bye
Fil
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Fonte: Sole24ore.it
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